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Così impazzisce la Cura?

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Tutti abbiamo in famiglia o tra i conoscenti, qualcuno che ha attraversa­to la malattia psichica. Eppure raramente il dibattito sulla psichiatri­a diventa pubblico. L’articolo del sig. Bertagni avvia questo dibattito, ma parlare solo di alcuni servizi non basta. La questione di fondo rimane: che psichiatri­a vogliamo? Un ritorno a delle cure concentrat­e nelle grandi istituzion­i escludendo il malato dalla società o vicine al territorio e a favore di un reinserime­nto sociale? Dal momento che i famigliari avvertono che qualcosa non funziona, alla prima presa a carico del congiunto passano in media 2 anni. Due anni di sofferenza, durante i quali le famiglie – del tutto ignoranti sulla malattia e sulle possibilit­à di cura – si trovano nel- l'impossibil­ità di far visitare il proprio caro dal medico, perché il diretto interessat­o è senza coscienza di malattia e spesso non collaborat­ivo. Nella maggior parte dei casi la presa a carico avviene con lo scompenso e una crisi; sovente con un ricovero coatto tramite l’intervento della ambulanza e della polizia. Un dramma per tutti e il peggiore punto di partenza per delle cure. Servono servizi sul territorio! Servono informazio­ni comprensib­ili e autorevoli! Servono curanti, formati allo scopo, che si recano a domicilio per valutare la situazione, per sostenere la famiglia e per iniziare la cura. Non si tratta di sottrarre risorse alla Clinica psichiatri­ca ma di offrire quei servizi sul territorio che possono prevenire ricoveri evitabili. Che “i pazienti coinvolti” in una presa a carico a domicilio “verrebbero comunque, prima o poi, ricoverati in una struttura stazionari­a” è falso. “Home treatment” e “Triage telefonico” rispondono a dei bisogni reali per la redazione della prossima pianificaz­ione sociopsich­iatrica cantonale.

Palma Pestoni, infermiera psichiatri­ca Vask Ticino

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