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Più serena, più forte, più Lara

L’infortunio è ormai alle spalle e la 26enne si sente rinata

- Dall’inviato Sascha Cellina

Zermatt – «Sto bene, come non lo sono mai stata negli ultimi anni – afferma raggiante Lara Gut –. L’infortunio mi ha infatti dato la possibilit­à di ritrovarmi e la prima cosa che ho capito è che sono una persona di ventisei anni prima ancora che un’atleta e che è più importante star bene come persona che come atleta. Negli ultimi anni avevo un po’ tralasciat­o questo aspetto, ma ora me ne sono resa conto. Ho imparato che è importante star bene nella propria pelle e trovare un equilibrio. A volte facevo fatica a parlare con i media o a lasciarmi andare, ma era solo perché la mia sfida più grande è trovare questo equilibrio tra quello che devo fare per “lavoro” ed essere me stessa. Allora avevo diciotto anni, oggi ne ho ventisei e sono cresciuta, grazie anche al percorso che ho affrontato con questo infortunio. Mi sono detta che volevo utilizzare questi sei mesi per rimettermi in forma e ricomincia­re la vita di prima, per ritrovare un equilibrio e tornare a fare delle scelte per me stessa, non solo sacrifici».

Una pausa necessaria

«L’anno scorso, dopo la vittoria nella generale di Coppa del mondo, è stato quasi scioccante, perché di colpo tutti mi ponevano domande solo sul globo di cristallo, dove lo tenessi e così via, mentre nessuno mi chiedeva più come stavo. Ho pensato “ehi, sono una persona”. Solo chi mi stava più vicino si è reso conto che le cose non andavano così bene. Lo stesso è successo dopo l’infortunio, visto che i più si interessav­ano solo al mio ginocchio. È a quel punto che mi sono resa conta che avevo bisogno di una pausa, perché l’ultima volta che mi ero davvero presa del tempo per me stessa era stato a 16 anni. Negli ultimi anni ho quasi solo pensato a dare il massimo, d’inverno come d’estate, dando praticamen­te sempre priorità all’atleta rispetto alla persona. Ma Lara atleta è solo una parte della persona che sono ed è felice solo quando vince una gara, mentre Lara persona ha tante altre cose che la rendono felice. Anche prima dei Mondiali di St. Moritz, non stavo bene. O meglio, avevo perso l’equilibrio, ma ora che l’ho ritrovato mi rendo conto che avere una medaglia d’oro ma essere triste non varrà mai quanto non averla ma essere felice».

I dottori, la famiglia, il Ticino

«La prima volta che mi sono infortunat­a (ha saltato l’intera stagione 2009/2010 per un’anca lussata, ndr) avevo diciotto anni e mi sono chiusa a riccio, perché sapevo che volevo sciare, ma non ero pronta ad affrontare tutto il resto. Stavolta invece, dopo essermi fatta male ed essermi ritrovata come persona, ho capito quante belle persone ho attorno e ho riscoperto casa mia, il Ticino. Durante l’estate ho vissuto talmente tanti bei momenti, che ho capito di non volerne più fare a meno. Non è perché sono tornata sugli sci che devo rinunciarv­i. Anzi, sono certa che tutte queste belle cose mi renderanno più forte anche come atleta. Per questo voglio ringraziar­e tutti quelli che mi hanno sostenuto, perché è quando capitano le cose brutte che ci si rende conto dell’importanza di chi ti sta vicino. La lista è lunghissim­a, dal chirurgo (il Dr. Siegrist, ndr) che mi ha operato al mio team di fisio, che mi ha supportato per mesi facendomi ritrovare la fiducia. Poi c’è la mia fantastica famiglia, con il mio fratellino super e i miei genitori, che ho ritrovato come mamma e papà e non più solo come allenatore e parte del team. Ma ringrazio anche tutte le altre persone che mi hanno sostenuta, perché mi sono resa conto molto più degli anni passati di tutta l’energia che può darti anche chi tiene a te come atleta, magari fermandoti per strada e dicendotel­o. Questo mi ha toccato molto, perché spesso senti di più le critiche di chi è invidioso e vorrebbe essere al tuo posto e non ti rendi conto che per quelle dieci persone che criticano, ce ne sono altre centomila che ti sostengono».

Il ritorno sugli sci

«Devo ammettere che la mattina del giorno in cui sono tornata a sciare, a inizio settembre a Zermatt, da una parte ero un po’ nervosa, perché non sapevo bene cosa aspettarmi. Dall’altra però sapevo che mi ero preparata per sei mesi per quel momento. Mi sono detta “dai, ce la puoi fare, una curva dopo l’altra” e in effetti dopo qualche virata mi sono resa conto che mi veniva tutto in maniera molto naturale e mi sono divertita».

Le sensazioni

«Sto bene, non ho praticamen­te mai sentito dolore al ginocchio. L’infortunio e la successiva riabilitaz­ione mi hanno resa più consapevol­e del mio corpo e anche più sicura, ora so che posso fidarmi al 120 per cento, per cui penso che potrei sciare ancora con più intensità di prima. Allo stesso tempo però ho capito che devo trovare anche in questo caso un equilibrio, perché non posso pretendere di andare sempre al cento per cento dal mattino alla sera. Dovrò gestirmi, prendermi delle pause, fare esercizi mirati, ma non a causa del ginocchio, per il ginocchio, per il mio corpo e per me stessa».

Il rientro alle competizio­ni

«Sölden è una gara speciale, con molta pressione e attenzione da parte dei media. Inoltre ho ricomincia­to a sciare a settembre, mentre solitament­e iniziavo in luglio. Sin dall’inizio il mio pensiero è stato “voglio tornare più forte, non velocement­e”, per cui non ho fretta e con il team abbiamo ritenuto più sensato utilizzare ottobre

e novembre solo per allenarmi e tornare a gareggiare, se tutto andrà bene, a Killington. L’obiettivo è tornare subito competitiv­a in tutte le discipline e rimanerlo per tutto l’inverno, non solo a Sölden. Le Olimpiadi? Ovviamente spero di poterci essere, ma la strada è ancora lunga e per ora il mio obiettivo è stare “happy”, sciare e apprezzare ogni singolo giorno. E poi certo, proverò ad andare veloce».

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KEYSTONE I microfoni sono, come sempre, tutti per lei
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KEYSTONE Un sorriso che dice tutto

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