Laghetti alpini sotto analisi
Kevin Casellini, studente all’Università di Losanna, quest’estate ha analizzato gli ecosistemi di dieci laghetti alpini ticinesi per il suo lavoro di Master. Lo abbiamo seguito per un giorno, al lago di Prato in Leventina. I risultati potranno essere util
La comprensione dell’ecosistema dei laghetti e l’effetto del ripopolamento ittico sulla crescita dei pesci: è la ricerca che sta effettuando Kevin Casellini, utile anche per l’Ufficio caccia e pesca. L’abbiamo seguito al lago di Prato.
Due persone su un gommone in mezzo al lago di Prato in Leventina. Un’immagine curiosa, presentatasi il 16 e 17 agosto scorsi. Non si trattava di escursionisti particolari, bensì di un team di ragazzi che stanno lavorando per un lavoro di master. È lo studio che sta effettuando – sotto la supervisione delle professoresse Nathalie Chèvre e Marie-Elodie Perga – Kevin Casellini di Arogno, giovane all’ultimo anno di Master alla facoltà di Geoscienze e ambiente all’università di Losanna. Studente che si occupa della comprensione dell’ecosistema dei laghetti alpini e dell’effetto del ripopolamento ittico sulla crescita dei pesci. Una ‘prima’ in Ticino. «In sostanza – ci spiega Casellini – sto raccogliendo dati e campioni per comprendere il tasso di nutrimento presente nei dieci laghetti che ho selezionato e analizzato durante il mese di agosto: Tom, Tremorgio, Cadagno, Orsino, Orsirora, Retico, Prato, Curnera, Nero e Mognola». Tutto ciò per «capire se il laghetto riesce a sostenere la popolazione di pesci immessa dall’uomo o se quest’ultima diventa nutrimento per altri pesci, andando così a cambiare gli equilibri dello specchio d’acqua». Il giovane studente e gli amici che hanno deciso di accompagnarlo hanno ricevuto un’autorizzazione speciale per la cattura di un massimo di 20 pesci sotto la misura minima stabilita (che varia a seconda della specie da 22 a 28 centimetri): «Cerchiamo di avere esemplari che misurano dai 10-12 centimetri fino al massimo possibile». E poi, come detto, serve pure il gommone per recarsi in mezzo al laghetto. Questo «per fare il campionamento d’acqua e le prime analisi in situ». Si misura la «trasparenza dell’acqua e con una sonda multiparametrica raccolgo i dati relativi a ph, torbidità, tasso d’ossigeno, temperatura, conduttività e profondità del laghetto. Inoltre dispongo di un retino speciale per raccogliere il plancton che in sé è la base della catena alimentare». Proprio grazie ad esso Casellini potrà capire se il pesce cresce nutrendosi di ciò che offre il laghetto. In caso contrario, ovvero di riscontro negativo, vorrebbe dire che il loro nutrimento viene principalmente dalle trote immesse. Un’analisi che, una volta conclusa, lo porterà a dire «che in determinati laghetti la gestione delle immissioni va bene, mentre in altri va rivista cercando di immettere meno pesce per garantire una produzione di nutrimento sufficiente per la fauna ittica presente». Risultati che avrà a disposizione anche il Dipartimento del territorio e che potrà utilizzare per migliorare la gestione dei bacini alpini in Ticino. Stando ai primi risultati raccolti si evince già che «alcuni laghetti ‘stanno bene’ perché la fauna ittica è ben presente e c’è tanto nutrimento. In altri laghetti – evidenzia – c’è invece un’esagerazione di immissioni e così i pesci faticano a crescere». In questo caso si aggiungono il «poco nutrimento riscontrato, le temperature dell’acqua elevate e la forte pressione di pesca esercitata». Altro fattore non trascurabile è il ‘dna’ dei nostri laghetti: «Sono sistemi abbastanza chiusi, non vi sono affluenti che portano nutrimento, le correnti sono scarse e v’è la presenza di ghiaccio in superficie per più di sei mesi. Se noi continuiamo a immettere pesce prima o poi il laghetto ne risentirà». Insomma, il lavoro non è mancato e non mancherà fino alla consegna del documento, prevista l’autunno prossimo. Come pure le sorprese che ti riserva la natura. Particolarmente ‘difficoltosa’ è stata l’uscita al lago Mognola accompagnata da neve e grandine: «Era talmente freddo che abbiamo dormito in quattro in una tenda da due posti, condividendo anche il sacco a pelo». Rischi del mestiere. Ma con all’orizzonte un lavoro che permetterà di meglio comprendere l’ecosistema dei nostri pregiati laghetti.