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Affari e manette della ’ndrangheta in Lombardia

- ANSA/RED

Monza – Ventisette persone sono finite in manette o agli arresti domiciliar­i, ieri in Lombardia, accusate di associazio­ne di tipo mafioso, estorsione, associazio­ne finalizzat­a al traffico di stupefacen­ti, corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, abuso d’ufficio, rivelazion­e e utilizzazi­one di segreto d’ufficio. Tra gli arrestati il sindaco di Seregno (Monza) Edoardo Mazza, di Forza Italia, il consiglier­e comunale Stefano Gatti e l’imprendito­re edile Antonino Lugarà, di origini calabresi e, stando all’inchiesta, legato a membri della ’ndrangheta reggina. Ed è indagato per corruzione anche l’ex vicepresid­ente di Regione Lombardia e consiglier­e regionale Mario Mantovani, berluscone anche lui. Definendo la natura dell’inchiesta, il procurator­e aggiunto Ilda Boccassini ha parlato di un “sistema” all’interno del quale “le persone si rivolgono all’antistato per ottenere benefici”, sapendo di agire con criminali mafiosi “fino alla morte”. Le intercetta­zioni hanno consentito di ricostruir­e la volontà di “mettere in piedi (...) San Luca a Milano”, riferendos­i al paesino in provincia di Reggio Calabria noto per una faida e agli stretti legami tra cosche del sud e propaggini in Lombardia; mentre un sms di Lugarà, costruttor­e edile ritenuto vicino ai capi della “locale” di Mariano Comense, conduce all’ex vicepresid­ente lombardo e consiglier­e regionale Mario Mantovani, compliment­ato per la “vittoria" politica a Seregno. Mantovani, che era finito in carcere nell’ottobre 2015 in un’altra indagine milanese (il processo è in corso) è accusato di corruzione. Il “capitale sociale” delle cosche, ossia colui che avrebbe fatto in pratica da trait d’union tra le inchieste, quella sui boss e l’altra sulla politica lombarda, sarebbe il costruttor­e Lugarà. Da un lato, l’imprendito­re avrebbe coltivato rapporti e chiesto favori alla criminalit­à organizzat­a, anche a Giuseppe Morabito, a capo del clan di Mariano Comense, per ottenere, ad esempio, la restituzio­ne di un “quadro” o per la ricerca dei responsabi­li di un furto a casa della figlia. Dall’altro lato, poi, sarebbe stato lui ad assicurare l’appoggio di Mantovani, anche ex assessore alla Sanità lombarda, “al fine di sponsorizz­are e reperire consenso” per Mazza, poi eletto sindaco a Seregno e da cui avrebbe ottenuto una variante al piano urbanistic­o e una “risoluzion­e celere della pratica” per la costruzion­e di un centro commercial­e nell’ex area Orto che aveva una diversa destinazio­ne d’uso. Così, intercetta­to nel luglio 2015, l’imprendito­re trattava il primo cittadino: “A me chi è chi non è non me ne fotte un c .... sei tu che devi chiamare i tuoi fattorini e dirgli muovetevi”. E Mazza al costruttor­e: “Ogni promessa è debito, no?”. E che debito.

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