Vince il ricorso ma il figlio lo ha perso
Ottiene ragione dal Tribunale federale ma nel frattempo ha perso la custodia del figlio. Una beffa o perlomeno una vicenda paradossale, quella vissuta da un padre croato residente nel Luganese. Una vicenda contrassegnata da problemi burocratici e per certi versi contraddittoria. Ma andiamo con ordine. L’uomo diversi anni fa conobbe una russa e la coppia ebbe un figlio nato in California. Due anni dopo, i genitori sottoscrissero un accordo in base al quale il piccolo avrebbe vissuto col padre che nel frattempo lo aveva riconosciuto. E al papà sarebbero spettate le decisioni importanti mentre la madre avrebbe potuto partecipare alla sua educazione. Un secondo accordo fra la parti autenticato da un notaio ribadiva che il figlio sarebbe vissuto col padre e alla madre concedeva di prendere parte alla sua educazione con diritti e obblighi di visita. Nel 2014, il padre ottenne dal Cantone un permesso di soggiorno di tipo L, ma qualche mese dopo il figlio ricevette solo una dichiarazione di legittimazione alla residenza valida 90 giorni mentre restò in sospeso il rilascio del permesso. Successivamente, tornato al domicilio a seguito di un viaggio di lavoro all’estero, il padre ha appreso che il figlio era stato portato in Russia dalla madre a cui lo aveva affidato. Madre che poi ha riconosciuto di averlo condotto definitivamente con sé in Belgio dove risiede. Querelata la madre per sottrazione di minore, il procuratore pubblico decretò un non luogo a procedere richiamando la sentenza pronunciata nel marzo 2016 dal Tribunale di Bruxelles. Una sentenza che accertava il fatto che il figlio non aveva una dimora abituale in Ticino e dichiarava irricevibile la richiesta di ritorno presentata dal padre. Decisione confermata anche dalla Corte dei reclami penali del Tribunale d’appello. I giudici del Tribunale federale hanno però accolto il ricorso dell’avvocato Patrick Untersee. La causa è stata quindi rimandata per un nuovo giudizio. Intanto, però, il tempo è trascorso e la “frittata” è fatta, nel senso che il bambino vive oramai in Belgio da anni. E, alla luce della sentenza del Tribunale di Bruxelles, risulta impossibile il ritorno del figlio in Ticino. In questa storia, non si capisce perché il Cantone abbia temporeggiato nel rilascio del permesso al figlio né come mai sia stato considerato alla stregua di carta straccia l’accordo autenticato dal notaio.