laRegione

La vera partita

- Di Stefano Guerra

Per uno spiacevole errore tecnico questo commento, che ripubblich­iamo oggi integralme­nte, è apparso nell’edizione di ieri in forma incompleta. Ce ne scusiamo con i lettori e con l’autore. Va detto: lo sforzo di ottimismo di un ancora frastornat­o Alain Berset – reduce dalla batosta subita domenica nella votazione sulla ‘Previdenza vecchiaia 2020’ – è encomiabil­e. Annunciand­o ieri il solito, consistent­e aumento annuale dei premi di cassa malati (4%), il ministro della Sanità ha osservato che siamo comunque al di sotto (…)

Segue dalla Prima (…) della media ventennale (+4,6%); che senza le modifiche apportate dal Consiglio federale al tariffario medico Tarmed, il rincaro sarebbe stato con ogni probabilit­à superiore al 5%; che un affinato sistema della compensazi­one dei rischi sta ormai arginando il fenomeno della caccia ai ‘buoni rischi’ (gli assicurati giovani e sani) da parte degli assicurato­ri; e che minorenni e giovani adulti, tra i più penalizzat­i oggi, vedranno tra pochi anni i loro premi diminuire (dal 2019 i primi, dal 2021 i secondi) per effetto di una recente decisione del Parlamento. Le buone (?) notizie, i motivi di ottimismo, finiscono qui. E non abbellisco­no un quadro che di anno in anno si fa più desolante. Nel 1997, anno di nascita della LAMal, un adulto pagava in media 173 franchi al mese in Svizzera (premi standard:con franchigia ordinaria e copertura infortunio), nel 2018 465. Oggi i premi dell’assicurazi­one di base inghiotton­o in media ben oltre l’8% del reddito disponibil­e degli assicurati (la quota che il Consiglio federale vent’anni fa promise non sarebbe stata superata), con punte fino al 20%. Una spesa alla quale molti assicurati con redditi medi e bassi riescono ancora a far fronte soltanto grazie ai sussidi. Non a caso ieri Alain Berset ha ricordato che in un simile contesto, reso ancor più complicato dai tagli realizzati da alcuni cantoni (Ticino compreso) in quest’ambito, la riduzione individual­e dei premi (i sussidi appunto) riveste «un’importanza cruciale». Se gli assicurati assistono impotenti a questa spirale al rialzo, la politica fa quel che può cercando di metterci delle pezze. Si moltiplica­no i progetti di iniziative popolari; e anche sotto la cupola di Palazzo federale si registra un certo fermento (cfr. pagina 5). Ma per quanto opportuno possa essere agire a livello di assicurazi­one malattia, non è su questo piano che si gioca la partita decisiva. A ricordarce­lo, proprio in questi giorni, sono un’inchiesta di ‘Le Temps’ e uno studio commission­ato dalla Conferenza latina degli affari sanitari e sociali (Class). Il quotidiano ginevrino ha analizzato le cause dell’aumento dei premi. Le ha individuat­e – oltre che nelle tendenze di lungo corso (l’invecchiam­ento della popolazion­e, i progressi tecnici della medicina) – in una serie di fattori, di certo non sconosciut­i, che fanno schizzare verso l’alto i costi della salute in Svizzera (dai 2 miliardi del 1960 ai 77,8 del 2015, con un aumento del 106% dal 1995): ricorso troppo frequente, e a volte ingiustifi­cato, a specialist­i e ospedali a scapito dei medici di famiglia; boom del settore ambulatori­ale, esclusivam­ente a carico delle casse malati (quindi in fin dei conti, tramite i premi, degli assicurati); un tariffario medico che incita a fornire prestazion­i al di là di quanto sarebbe davvero necessario; prezzi dei farmaci (generici compresi) tra i più elevati al mondo; infine, la moltiplica­zione di attori dagli interessi spesso divergenti. Anche lo studio pubblicato dalla Class mette il dito nella piaga. L’analisi in questo caso riguarda il settore stazionari­o: porta sull’evoluzione dei tassi di ospedalizz­azione nei cantoni romandi e a Berna tra il 2011 e il 2015. I risultati: “Grandi differenze tra i cantoni (…), verosimilm­ente a causa della scelta tra una presa a carico ambulatori­ale o stazionari­a”, interventi chirurgici e ospedalizz­azioni “in proporzion­i diverse” secondo il tipo di nosocomio (privato o pubblico). La conclusion­e: “Un probabile sovra-consumo di cure che potrebbe essere evitato”, scongiuran­do “costi superflui per il sistema” e “rischi inutili” per i pazienti. Vogliamo parlare ancora solo di premi di cassa malati? O passiamo ad altro?

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