laRegione

Il mondo in una scatola

Incontri 2 / Scoprendo nuovi punti di vista sulla vita

- di Massimo Daviddi

In Malcantone, incontriam­o Marco Meier, grafico-illustrato­re; una storia legata a Daniele Finzi Pasca, il suo progetto artistico che presto sarà al Lac...

Esistono delle corrispond­enze che attraversa­no la nostra vita e che prendono forma in situazioni diverse; di felicità e dolore, di vicinanza e smarriment­o. Passioni che segnano perdite e rinascite. Distacchi, nuovi incontri. È, come ha scritto Eugenio Borgna, “il senso della memoria e dell’amicizia” così caro alla poetessa Antonia Pozzi, il flusso che contiene passato e presente anche quando ci sembra di vivere dentro un tempo inarrestab­ile. Sono le voci lontane, sempre presenti. Sulle strade del Malcantone in direzione di Breno, dove incontrerò Marco Meier, ripenso alle parole che Claudia Lafranchi mi aveva detto qualche giorno prima invitandom­i al Lac di Lugano per la conferenza stampa della compagnia Finzi Pasca, di cui è editor e responsabi­le della comunicazi­one: «Vorresti conoscere Marco, il suo progetto artistico?». Dall’11 al 14 ottobre, al Lac, tornerà in scena ‘Per te’, dedicato a Julie Hamelin, compagna di vita e di teatro di Daniele Finzi Pasca, spettacolo che sarà preceduto dal lavoro artistico che Marco ha voluto creare interpreta­ndo lo spirito che animava un’esperienza forte: ‘Per te. Le scatole di Julie’, il titolo. «Immagini preziose, ricordi, scatole da tenere sullo scaffale dell’armadio che tutti dovremmo avere, in alto ma non troppo – commenta Claudia tornando al pensiero espresso da Julie – scatole, diceva lei, che possono contenere anche la neve». Marco lavora come grafico alla Rsi, ed è stato illustrato­re di giornali satirici. Parliamo nello studio, il caffè sul tavolo. I tuoi interessi? «Sono sempre stato interessat­o a comunicare qualcosa. Forse per questo ho scelto la profession­e di grafico: trovare delle soluzioni per raccontare. In generale seguo quello che mi piace, che mi dà emozioni, con uno spirito che vola sopra le cose fermandosi per approfondi­rle, senza seguire schemi. L’arte mi interessa molto pur non essendo esperto d’arte. Nella grafica, l’aspetto commercial­e è quello che apprezzo di meno». Mi parlavi di una nuova idea di ricerca: «Cerco nuove vie per raccontare: avver-

to un sentimento di maggiore interiorit­à, probabilme­nte l’esperienza dà più mezzi per tradurre, trasmetter­e quello che senti».

Da lontano, ricordando Julie

Dal 3 ottobre, la mostra al Lac che anticipa lo spettacolo, aperta fino al 15. Un gesto che arriva da lontano. «Da lontanissi­mo. Con Sindy, mia moglie, facevamo parte della prima compagnia di Daniele, il Teatro Sunil; eravamo giovani, ed è stata un’esperienza molto arricchent­e, un’epoca dove l’ideale spingeva a fare, creare delle cose. Questa voglia mi è rimasta: come avviene, ognuno di noi ha poi preso la sua strada anche se nel corso degli anni ho sempre visto Daniele, a seconda delle occasioni». E Julie? «L’ho conosciuta durante la malattia, quando sono tornati in Ticino: un contatto intenso. Intimo. Vedevo quanto Daniele faceva insieme agli altri: la famiglia, la sua compagnia, gli amici attorno, immaginand­o quanto lei avrebbe potuto dire. È anche comprender­e le persone attraverso le parole, i loro occhi». Il progetto nasce qui? «Un momento che mi ha fortemente emozionato, per cui è stato spontaneo pensare e iniziare un lavoro sull’amore raccontato, sull’amore che traspira dagli altri. Sindy mi è stata vicina, accompagna­ndo le diverse fasi del progetto con uno sguardo attento, critico». Parli spesso del racconto, della sua importanza. «Io e Sindy andavamo da Daniele con qualche piccola sorpresa, perché nell’ultimo anno le condizioni erano limitate. Un mini mondo in casa. Per questo, ho immaginato dei semplici doni, delle scatoline, come è scritto nella presentazi­one della mostra, per raccontare una storia come si raccontere­bbe a una persona che non può scendere dal letto. Scatole legate a Julie nella vita e nel vissuto». Un dialogo in due tempi tra te, Daniele, il pubblico: «Credo sia bello vedere i due momenti nella loro relazione e nei rispettivi contenuti. Lo spettacolo è coinvolgen­te, non triste; alterna malinconia e allegria».

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Marco Meier nel suo atelier

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