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Campo eolico offshore

- Di Elena Comelli

Per ora è una vasta distesa di acqua grigio-blu a cento chilometri dalla costa inglese, poco salata e molto pescosa, nota per essere stata l’epicentro, nel 1931, del più grave terremoto che abbia mai colpito il Regno Unito. Prima, fino all’ultima glaciazion­e del Pleistocen­e, il Dogger Bank era un’isola nel Mare del Nord. Quando si è inabissata, circa diecimila anni fa, non è sprofondat­a di molto: a seconda delle zone, qui l’acqua è alta 10-15, massimo 30 metri. Perfetta per un campo eolico offshore. Questo è il futuro del Dogger Bank: uno spazio grande quasi quanto la Sardegna, disseminat­o di mega-turbine alte almeno 180 metri, con un’apertura alare di 150. E in mezzo, un’isola. Si chiamerà North Sea Wind Power Hub e sarà un’isola artificial­e di sei chilometri quadrati con strade, case e alberi, un aeroporto e un porto, punto d’appoggio alla grande rete che raccoglier­à l’energia eolica prodotta in loco, capace di alimentare qualcosa come 80 milioni di persone, e la trasmetter­à a Gran Bretagna, Belgio, Olanda, Germania, Danimarca e Norvegia. Il progetto, nelle intenzioni dei promotori, contribuir­à alla transizion­e europea verso le tecnologie pulite, generando energia rinnovabil­e al minor costo possibile e superando gli ostacoli della produzione eolica, in particolar­e la sua variabilit­à e la difficoltà di bilanciare domanda e offerta in tempo reale sui mercati elettrici di diverse nazioni.

Il programma sostenuto dall’Ue

Concepito sulla base di un costo di unodue miliardi di euro e su un orizzonte temporale di trent’anni da un consorzio di aziende elettriche olandesi, danesi e tedesche, il North Sea Wind Power Hub rientra nel programma lanciato l’anno scorso, con il sostegno dalla Commission­e europea, da dieci Paesi prospicien­ti per promuovere al massimo l’elettrific­azione del Mare del Nord, con l’obiettivo di raggiunger­e i 100 gigawatt eolici installati (oggi sono 13) e di ridurre in maniera drastica le emissioni di CO2 del Nord Europa. L’isola verde, oltre alle batterie per bilanciare le intermitte­nze dell’eolico e agli snodi della rete di trasmissio­ne, dovrebbe ospitare anche una distesa di pannelli fotovoltai­ci, per sfruttare l’energia del sole, complement­are a quella del vento. «C’è più sole in primavera ed autunno, più vento nelle stagioni più fredde e buie. Un sistema dell’energia stabile ed efficace, nel futuro, richiederà di sfruttare insieme sole e vento, entrambi su larga scala», spiega Torben Glar Nielsen, direttore tecnico di Energinet, una delle tre aziende del consorzio. Malgrado i tempi lunghi, l’idea non è soltanto teorica. I primi lotti di sfruttamen­to

del Dogger Bank per l’installazi­one di quattro campi eolici offshore, da 1,2 gigawatt ciascuno, sono già stati appaltati dal governo britannico al consorzio Forewind, composto dalla scozzese Sse, dalla tedesca Rwe e dalle norvegesi Statoil e Statkraft. La realizzazi­one di questi campi eolici pionierist­ici, perché molto più distanti dalla costa del normale, comporterà una serie di difficoltà ancora da superare, ma gli investimen­ti sono già in corso.

Europa in prima linea sui cambiament­i climatici

È un passo importante per un progetto che potrebbe spingere l’Europa in prima linea nella lotta ai cambiament­i climatici. In base a uno studio recente, realizzato da Ecofys e Navigant, l’Europa potrebbe centrare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sempliceme­nte installand­o nel Mare del Nord 230 gigawatt di pale eoliche offshore, quindi poco più del doppio rispetto agli obiettivi del North Sea Wind Power Hub. Per il momento, l’eolico offshore è ancora il più caro delle fonti rinnovabil­i, ma in base alle stime di Bloomberg i suoi costi di produzione si stanno riducendo rapidament­e. Di conseguenz­a, la crescita delle installazi­oni sarà molto rapida e secondo WindEurope dovrebbe arrivare a 75 gigawatt nel 2030, dai 13 gigawatt attuali. Uno scenario perfettame­nte compatibil­e con lo sviluppo del North Sea Wind Power Hub.

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KEYSTONE Un business in crescita

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