Bitcoin, bolla speculativa che scoppierà
Il mondo delle criptovalute creato sul web è diventato un luogo dove la speculazione prevale rispetto alle finalità proprie della moneta, ovvero quale mezzo di scambio
L’allarme viene non solo da autorità centrali come il governo cinese – che ha appena vietato il lancio di nuove crittomonete – o da banchieri come il capo di J.P. Morgan Chase, James Dimon, che ha definito bitcoin semplicemente ‘una truffa’: loro potrebbero essere sospettati di voler soffocare il sistema decentrato e libertario che, secondo i suoi promotori, sarebbe alla base delle crittomonete. A lanciare un ulteriore allarme è una stella della crittografia, la scienza dei codici segreti: l’italiano Silvio Micali, 63 anni, professore d'informatica presso il Laboratorio d'Informatica ed Intelligenza Artificiale (Csail) del Mit di Boston e vincitore del premio più importante per un ricercatore nel suo campo, il Turing Award, chiamato appunto “il Nobel dell’informatica”. “L’idea di bitcoin è geniale, ma purtroppo non funziona bene”, spiega Micali a L’Economia dal suo studio a Boston, prima di volare a Shanghai alla conferenza Sosp, l’appuntamento mondiale più importante per gli esperti di sistemi informatici (dal 28 al 31 ottobre), dove verrà presentata la sua alternativa Algorand e gli esperimenti fatti per verificare la sua efficacia. Algorand non è ancora operativa, ma presto potrebbe esserlo se va in porto la collaborazione con una start up della Silicon Valley, ToraCorp.
Tecnologia con tre enormi problemi
“La tecnologia ‘proof of work’ con cui bitcoin genera la blockchain (catena di blocchi visibili a tutti) si è rivelata avere almeno tre enormi problemi – continua Micali –: spreca un sacco di energia; ha dato vita a un nuovo potere centralizzato e può dar luogo ad ambiguità, una caratteristica letale in finanza”. La sua Algorand invece promette di costare poco o niente, essere controllata veramente solo dagli utenti e garantire che le informazioni o i valori scambiati non spariscano.
‘I minatori non sono semplici utenti. Per sostenere elevati costi si mettono insieme, così tutto il potere di decidere che cosa e quando pubblicare le transazioni è nelle mani di solo 5 consorzi di minatori nel mondo: non credo sia nell’interesse di qualsiasi entità finanziaria trasferire miliardi di euro in un sistema simile’.
Blockchain è il sistema con cui è stata implementata finora l’idea di un registro – o libro mastro – pubblico e distribuito. “Questo registro è uno strumento fantastico che può rivoluzionare il modo in cui una società moderna opera, rendendo tutto più trasparente ed eliminando gli intermediari – sottolinea Micali –. Può rendere sicuro ogni tipo di transazione tradizionale, come i pagamenti e trasferimenti di valori, e permettere nuovi tipi di transazioni come le crittomonete e i ‘contratti intelligenti’.” C’è chi l’ha chiamato “la macchina della fiducia” e ha proposto di usarlo per esempio per registrare i titoli delle proprietà immobiliari al posto del catasto, spesso inaffidabile. “In un registro ideale – spiega Micali – ogni ‘pagina’ di transazioni valide dev’essere visibile da tutto il mondo, chiunque dev’essere in grado di aggiungere una transazione valida, ma nessuno può cancellare o alterare quello che c’è scritto. Oggi la blockchain di bitcoin garantisce solo che la ‘pagina’, il blocco di transazioni pubblicate, non venga modificato”.
Il ruolo dei minatori
Molte le difficoltà tecniche e filosofiche della blockchain, secondo Micali, e difficili da spiegare per i non esperti di informatica e crittografia. Basti dire che dietro il sistema di bitcoin – per fare l’esempio più popolare ed evidente – ci sono i cosiddetti “minatori”, coloro che conquistano il diritto di pubblicare i “blocchi” di transazioni e scegliere il loro contenuto, risolvendo indovinelli computazionali difficilissimi, creati automaticamente dal sistema. Ci riescono solo usando computer super specializzati che consumano moltissima energia elettrica, attualmente al costo stimato di 50mila dollari a “blocco”, che viene loro ripagato dal sistema con nuovi bitcoin. “I minatori quindi non sono semplici utenti”, fa notare Micali.
‘Finora il sistema non è saltato perché ci passano poche transazioni. A parte qualche criminale che lo usa per comprare droga e armi, o i pirati informatici che ‘sequestrano’ i pc e per liberarli chiedono un riscatto in bitcoin, il sistema è usato da speculatori, che comprano sperando in un rialzo del prezzo’.
E per sostenere gli elevati costi si mettono insieme, così oggi tutto il potere di decidere che cosa e quando pubblicare le transazioni è nelle mani di solo cinque consorzi di minatori nel mondo: non credo sia nell’interesse di qualsiasi entità finanziaria trasferire miliardi di euro in un sistema simile”.
L’alternativa
L’alternativa di Algorand è molto più veloce e sicura, sostiene Micali, perché non si basa sugli indovinelli e sui “minatori”, ma per mezzo di una lotteria crittografica seleziona il gruppo di utenti che controllano la veridicità delle informazioni da pubblicare sulle “pagine” del registro. “Finora il sistema di bitcoin e delle altre crittomonete non è saltato perché in realtà ci passano poche transazioni – osserva Micali –. A parte qualche criminale che lo usa per comprare droga e armi, o i pirati informatici che ‘sequestrano’ i pc e per liberarli chiedono un riscatto in bitcoin, il sistema delle crittomonete è usato infatti soprattutto dagli speculatori, che le comprano sperando in un rialzo del loro prezzo e per lanciare nuovi sistemi di crittomonete”. Per lanciare la sua Algorand Micali sta
pensando a un’iniziativa originale, certo non una Ico, Initial coin offering. “Credo che le Ico siano illegali – dice –. Io voglio coinvolgere investitori accreditati”.
Chi è Silvio Micali?
Nato a Palermo, Micali si è laureato in matematica all’Università di Roma nel 1978, poi è andato a Berkeley, University of California, per il dottorato in Informatica e dall’83 è al Mit. “La mia passione per la matematica risale alle medie inferiori, che ho frequentato ad Agrigento – ricorda –. Tutto merito della prof Cinà, vecchio stampo, che insegnava matematica non con aride formule, ma stimolando l’intuizione per risolvere problemi sempre più difficili”.
Quanto vale un bitcoin?
Oggi un bitcoin vale oltre 3mila dollari. Costava 22 dollari nel 2013 ed è arrivato
al massimo di 4’400 dollari quest’anno. Sull’onda dei suoi rialzi, sono state lanciate molte altre crittomonete con il meccanismo dell’Ico, Initial coin offering, una campagna di fund raising in cui gli investitori finanziano la creazione della nuova valuta. Ci sono state 140 Ico nel 2017 con una raccolta totale di 2,1 miliardi di dollari, secondo il sito Coinschedule. La febbre da Ico ha contagiato anche le celebrity come Paris Hilton, che pochi giorni fa ha dichiarato di voler partecipare al lancio della crittomoneta LydianCoin. Le Ico sono non regolamentate negli Usa, per ora. Ma la Sec, l’autorità di controllo della Borsa americana, ha già messo in guardia i risparmiatori: “I truffatori spesso usano l’attrazione di tecnologie nuove ed emergenti per convincere le potenziali vittime a investire i loro soldi in imbrogli”.