Miraggio
Malgrado la crescita robusta, l’avvicinarsi al pieno utilizzo delle capacità produttive e la politica monetaria ultra-espansiva, l’inflazione nell’Eurozona fatica ad accelerare e raggiungere l’obiettivo della Bce, ovvero la crescita annuale dei prezzi al consumo inferiore ma vicina al 2%. L’inflazione “core”, che esclude dal computo i prezzi più volatili di energia, alimenti, alcol e tabacco, si situa oggi solo al +1,2%. Le considerevoli differenze di competitività tra i paesi membri permetteranno ancora per molto tempo alle attività di migrare all’interno dell’Eurozona e dell’Unione europea e alle imprese di ridurre i costi di produzione. L’Eurozona ha ereditato livelli elevati di disoccupazione strutturale e di sotto-impiego. La crescita dell’economia e la maggiore flessibilità dei mercati del lavoro si tradurranno in un aumento della forza lavoro prolungando una tendenza in atto dall’introduzione dell’euro nel 1999 che però smorzerà la dinamica salariale. Anche senza considerare gli effetti della globalizzazione delle catene di distribuzione, le tendenze strutturali appena menzionate sono compatibili con una moderazione delle pressioni inflazionistiche all’interno dell’Eurozona nel lungo periodo. Forniscono inoltre un terreno sdrucciolevole alle previsioni che avranno quindi ancora tendenza a sovrastimare l’inflazione. Il suo ritorno al 2% in tre anni è comunque già difficile da proiettare sulla scorta dei dati storici, supponendo la persistenza dell’attuale dinamica di crescita e il superamento del pieno utilizzo delle capacità. Con l’inflazione che resta un miraggio, chi ha acquistato euro/dollaro considerando la forza della crescita dell’Eurozona quale preambolo a un cambio di rotta della Bce ha verosimilmente agito in modo precipitoso.