Il sogno americano, in Europa
Senza sapere una parola d’inglese Sacha Pini di Biasca è partito Oltreoceano a imparare il suo nuovo lavoro
Nel vecchio continente è il solo ad avere la patente per vendita e uso di un prodotto di pulizia. ‘Vorrei che altri mi seguissero’.
«No pain, no game»: solamente a suon di sacrifici si possono ottenere risultati importanti. In un inglese ancora approssimativo Sacha Pini ci ripete più volte la stessa frase, quando lo incontriamo a Bellinzona per conoscere la sua (nuova) storia. Patrizio di Biasca, Pini ci dice di essersi risollevato da una brutta esperienza professionale con la sola forza della volontà: la determinazione di qualcuno che a 46 anni si lancia in un nuovo business, involandosi verso gli Stati Uniti d’America, senza sapere neanche una parola d’inglese. «Era lo scorso marzo. Sull’aereo mi hanno consegnato il foglio di entrata (modulo I-94, ndr) da compilare: non sono riuscito a rispondere a una sola domanda». Fortuna il mondo è fatto di uomini con una propria coscienza e sensibilità. Una volta atterrato, superata la coda della dogana, un agente messicano gli fa segno di mettersi in un angolino, dove può prendersi tutto il tempo che gli serve per il formulario. «Dopo un’ora e mezza, smanettando su Google translate, sono finalmente riuscito a rispondere alle domande». Magra consolazione: «Sì, l’ho consegnato a un tipo che, senza (quasi) neanche guardare la scheda, mi ha borbottato un ‘Ollraid’ (‘All right’)». La sua storia suona come un appello a disoccupati, a chi non è contento della propria situazione, «a buttarsi». Full immersion, a 15-16 ore al giorno, che per lui è arrivata subito. Dopo il volo notturno, ancora in mattinata (ora locale) fa la conoscenza di Carlos Gonzales, il suo mentore. Il primo ordine è: «Doccia, stivali», il secondo: «Jop in tunnel». L’avventura inizia nei cunicoli di sicurezza del leggendario ponte sospeso che collega la baia di S. Francisco con l’Oceano Pacifico. Il nemico, sullo stretto del Golden Gate, è il salnitro, deposito di sali minerali sui muri umidi e mal ventilati; nitrati di potassio che Pini ritroverà qualche mese più tardi, appreso il mestiere, sulle pareti dell’Archivio di Stato di Bellinzona.
Un appello a giovani e disoccupati
Parete dopo parete Pini si appassiona del lavoro conquistandosi la fiducia di Gonzalez che scommette in lui cedendogli la licenza per l’Europa del sapone biologico Ebc (Enviro Bio Cleaner), attività Usa che conta due milioni di soci ma, allora, ancora nessuno in Europa. Pini esporta dunque il business, per ora con profitto. Recentemente ha siglato un accordo di fornitura e assistenza (oltre al sapone bisogna trasmettere la tecnica di pulizia) con un’importante società a Roma; trattative sono in corso con partner portoghesi e inglesi. Il sapone è richiesto per la sua efficacia ad esempio contro gli idrocarburi, e in molti interventi di routine: per pulire
piazze e strade, stazioni di servizio, e accessi di spazi pubblici e commerciali, terrazze invase da licheni, tende da sole,... Pini matura una solida conoscenza nell’uso dell’idrodinamica, svolgendo interventi complessi con un dispiego contenuto di forze, come riportare all’antico splendore le pareti dei
palazzi senza ponteggi. Nella foto lo vediamo mentre rimuove, questa volta usando solo acqua senza additivi – ma con consumi ridotti (100 litri al giorno al posto dei 1’000 litri l’ora delle ‘normali’ idropulitrici) –, gomme da masticare e adesivi dal viale Stazione. Il campo d’azione va fino agli interni: cappe da cucina e ventilazioni. «Negli Usa – rileva – è più facile far business. Ma io volevo giocare la mia partita qui. Ora mi piacerebbe, con la crisi, che altri seguissero la mia strada. In fondo bastano poche decine di migliaia di franchi: un furgone attrezzato, la voglia di imparare poche, ma essenziali, nozioni».