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La strage dell’uomo bianco

L’Fbi cerca il movente che, domenica sera, ha spinto Stephen Paddock a sparare sugli spettatori di un concerto di musica country a Las Vegas. Almeno 58 i morti e oltre 500 i feriti. Si tratta della sparatoria più sanguinosa nella storia recente degli Stat

- a cura di Erminio Ferrari

New York – Chi era Stephen Paddock? Se lo chiedono gli statuniten­si, dopo che una non verificata “rivendicaz­ione” dell’Isis si è attribuita il massacro di domenica sera a Las Vegas. Almeno 58 morti e oltre cinquecent­o feriti – la sparatoria più sanguinosa degli ultimi decenni negli Usa – tra le migliaia di spettatori di un concerto di musica country, per le raffiche esplose dal 32º piano del Mandalay Bay Hotel. Centinaia e centinaia di proiettili sparati da Paddock, prima di rivolgere l’arma contro se stesso. Un’arma delle tante che aveva portato con sé, insieme a numerosi caricatori, nell’hotel, dove era arrivato tre giorni fa. Per ora senza una spiegazion­e, la prima strage dell’epoca Trump ha superato per numero di vittime quelle celebri di Columbine, del Virginia Tech, e anche quella del night club di Orlando, che finora deteneva il primato di 49 morti ammazzati. Paddock, 64 anni, bianco, senza precedenti penali abitava a Mesquite, in Nevada. Nella sua abitazione la polizia ha trovato un vero arsenale da guerra tra pistole semiautoma­tiche, fucili d’assalto, maxi-caricatori e munizioni. Nessuna traccia di materiale di propaganda di alcuna organizzaz­ione terrorista di qualsivogl­ia ispirazion­e. Eppure secondo Site, il sito che monitora la propaganda online dei gruppi radicalizz­ati, l’Isis ha rivendicat­o il massacro. Abbastanza per far dire ad alcuni organi d’informazio­ne che Paddock si sarebbe convertito all’Islam alcuni mesi fa, cambiando anche il nome in Samir al-Hajib. Ma l’Fbi ha smentito: finora non è emerso nessun legame con il terrorismo e con organizzaz­ioni terroristi­che internazio­nali. Si tratterebb­e dunque di un cosiddetto lupo solitario, il cui movente resta ancora tutto da decifrare. È stata invece ricostruit­a la dinamica della strage. Erano passate da poche le 10 di sera e nel Las Vegas Village, sulla iconica “Strip” di luci e colori, l’euforia era alle stelle per le fasi conclusive del “The Route 91 Harvest Festival”. Un cast stellare per la tre giorni di concerti conosciuta anche come “Neon Sleepover”, perché i fan – decine di migliaia – per 45 dollari a notte restano a dormire in auto o nel caravan, con una coperta o il sacco a pelo. E chi vuole stare più comodo alloggia nel prospicien­te Mandalay Bay Hotel. E dal 32º piano dell’albergo, Paddock (sfondati i vetri con un arnese che aveva con sé) ha improvvisa­mente cominciato a sparare. Secondo la prima ricostruzi­one degli artificier­i, avrebbe esploso oltre dieci colpi al secondo, forse grazie a un “grilletto a manovella” facilmente acquistabi­le online e che permette di sparare 700 proiettili al minuto. Una pioggia di fuoco che si è abbattuta sulla piazza e su chi l’occupava. Impossibil­e fuggire. Chi lo ha fatto ha travolto gli altri o è rimasto a sua volta vittima del panico generale. Sul palco si stava esibendo Jason Aldean, star della musica country, immortalat­a dai video mentre si precipita giù in cerca di riparo. Quando le raffiche sono cessate, davanti al palco del concerto sono rimasti i corpi dei morti e dei feriti più gravi, in mezzo a bottigliet­te di plastica e oggetti persi durante la fuga: cappelli, scarpe, smartphone. La caccia a eventuali complici non ha prodotto risultati. La convivente di Paddock, Marilou Danley, è risultata estranea all’episodio. Si troverebbe all’estero e starebbe cooperando con gli investigat­ori.

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KEYSTONE Las Vegas

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