L’indipendenza può aspettare
Il catalano Puigdemont rinvia la proclamazione e chiede una mediazione internazionale Dopo l’affermazione ottenuta al referendum la dirigenza separatista cerca di non bruciarsi tutti i ponti alle spalle
Barcellona – Il prossimo passo sarebbe la dichiarazione di indipendenza. Sarebbe, appunto. Dopo lo shock dei cordoni di polizia a impedire l’accesso ai seggi e le cariche contro i catalani alle urne, la dirigenza separatista ha cercato di non bruciarsi definitivamente i ponti alle spalle, pur mantenendo il registro trionfalistico per il “mandato ricevuto domenica. Il presidente Carles Puigdemont ha convocato una riunione straordinaria del governo per decidere la strategia dei prossimi giorni. In base alla legge del referendum approvata in agosto dal parlamento, entro 48 ore dal voto dovrebbe seguire la proclamazione dell’indipendenza. Una mossa che sarebbe una dichiarazione di guerra a Madrid. Con una risposta ancora più dura. Con poche speranze inoltre di ottenere riconoscimenti internazionali. La linea decisa dall’esecutivo catalano è di conseguenza stata quella della ricerca di un dialogo. Puigdemont ha detto che è “il momento di una mediazione internazionale” con Madrid e ha chiesto all’Ue di “smettere di guardare dall’altra parte” e di favorirla. L’obiettivo dell’indipendenza rimane, ha confermato in sostanza, ma si può trattare: «Oggi non dichiaro l’indipendenza, chiedo una mediazione». Il ‘President’ ha detto che vi sarebbero già “governi regionali” disposti ad assumere il ruolo di mediatori. «Sono pronto a una riunione dove vogliono», ha garantito il capo del governo basco Inigo Urkullu che già negli ultimi giorni aveva tentato di portare al dialogo il premier spagnolo Mariano Rajoy e Puigdemont. Quest’ultimo ha fatto capire che il passaggio in parlamento nel quale potrebbe essere dichiarata l’indipendenza non è in programma prima di una settimana. Il tempo di riprendere fiato e di trovare una via d’uscita che salvi la faccia. Puigdemont ha ancora ribadito di non volere una frattura traumatica con la Spagna ma piuttosto una separazione concordata. Se si andrà comunque alla dichiarazione di indipendenza, non è escluso che possa essere condizionata, per esempio alla vittoria dei partiti del sì in elezioni anticipate, o con una entrata in vigore ritardata, a sei o nove mesi. Anche per Rajoy è stata una giornata di preparazione delle prossime mosse. Il premier ha visto i leader dei due grandi partiti unionisti che lo hanno appoggiato sulla linea dura, il socialista Pedro Sanchez e Albert Rivera di Ciudadanos. Ottenendo due indicazioni contrastanti: Sanchez ha chiesto un “dialogo immediato”, Rivera un pugno di ferro con Puigdemont.