L’Anp torna a Gaza
Tel Aviv/Gaza – Il primo ministro palestinese, Rami Hamdallah, al suo ingresso nella Striscia di Gaza in un bagno di folla, a due anni di distanza dall’ultima volta, non ha avuto esitazioni: «È un momento storico». Benché la storia, da quelle parti, possa durare ben poco, aveva ragione: se la “riconciliazione” fra Al-Fatah e Hamas non è una invenzione, per i palestinesi, e soprattutto per quelli rinchiusi nella Striscia, qualcosa potrebbe cambiare. Oggi lo stesso Hamdallah presiederà la prima riunione ufficiale del governo di riconciliazione dopo che Hamas ha sciolto il cosiddetto Comitato amministrativo, l’esecutivo che governava di fatto la Striscia. Passato dal valico di Eretz – che da Israele immette nell’enclave palestinese – Hamdallah ha ringraziato l’Egitto per la mediazione tra Hamas e Fatah (che dalla Striscia era stato cacciato armi alla mano dal movimento di resistenza islamica). Anche se resta irrisolto il nodo cruciale del controllo militare della Striscia, che Hamas ha già detto di non voler assolutamente lasciare. In previsione della riunione di oggi, il premier ha spiegato: «Il governo comincerà immediatamente a lavorare. Del resto abbiamo già formato i comitati che dovranno supervisionare tutti i settori governativi della Striscia. Incluso – ha sottolineato – la sicurezza e i confini». Dall’altra parte del confine, in Israele il giudizio sulle intese di riconciliazione fra Al-Fatah e Hamas è per ora sospeso. «Le giudicheremo sulla base di parametri specifici», ha spiegato il ministro Yoav Galant al sito Israel Project. «Le nostre domande sono: sono pronti a riconoscere l’esistenza di Israele? Cesseranno di sparare e di lanciare attacchi terroristici contro di noi?». Cesserà la colonizzazione? No questo non se l’è chiesto.