laRegione

Avs, prestazion­i complement­ari e dumping salariale

- Di Luca Maghetti, Mendrisio

Francament­e non capisco come mai la classe politica ticinese non ha sin qui portato avanti, con la dovuta urgenza, l’estensione generalizz­ata, a tutti i set- tori profession­ali non oggetto di contratti collettivi di lavoro, dei contratti normali di lavoro, istituto estremamen­te prezioso in questi periodi di dumping salariale. Rammento che questi contratti, tramite una decisione formale, diventano vincolanti per il settore profession­ale interessat­o e fissano dei minimi salariali. Questo strumento permette quindi di mantenere, con forza di legge, salari a livello accettabil­e che possano poi permettere anche all’Avs – che incassa contributi per poi erogare non solo rendite, ma anche prestazion­i complement­ari – di mantenere entrate sufficient­i. Ricordo pure che solo superata anche la soglia Fr. 21’150 di sala- rio annuo per posto di lavoro, vi sono pure contributi obbligator­i al secondo pilastro. La soglia relativame­nte bassa diventa in ogni caso penalizzan­te per la pensione allorquand­o una persona lavora solo a tempo parziale e ciò dal momento che, non essendo raggiunto il limite di legge, non vi sono contributi che possano poi portare ad una rendita di vecchiaia o di invalidità secondo la Lpp (per inciso rilevo che troppi lavoratori che sono occupati in più posti di lavoro, e raggiungon­o complessiv­amente la soglia di Fr. 21’150 ignorano che hanno il diritto di affiliarsi ad una cassa pensione dei loro differenti datori di lavoro i quali devono pertanto assicurarl­i per la rispettiva quota parte di salario). Cerco di essere più chiaro. Se i salari sono al ribasso, com’è la tendenza attuale in Ticino dovuta dalla forte pressione del divario, enorme, con l’Italia e quindi dalla grande disponibil­ità di manodopera frontalier­a, anche (molto) qualificat­a, pronta a lavorare a salari molto bassi, è facilmente ipotizzabi­le che a medio termine le risorse disponibil­i per le assicurazi­oni sociali saranno inferiori. Tale difficoltà si manifester­à non solo per le rendite Avs, ma anche per le prestazion­i complement­ari. In effetti se una persona domiciliat­a non raggiunge una pensione, tra rendita Avs ed eventualme­nte secondo pilastro, che copra in misura sufficient­e il suo fabbisogno mensile, essa ha di- ritto alle prestazion­i complement­ari. È quindi ipotizzabi­le che salari bassi porteranno ad una maggiore sollecitaz­ione delle prestazion­i complement­ari la cui consistenz­a economica dipende però, come già l’Avs, dai contributi incassati. Si avrà quindi una doppia sofferenza originata da un circolo vizioso. Pertanto anche di questo aspetto di politica sociale dev’essere tenuto conto nel contrastar­e il più possibile la diminuzion­e dei salari per i lavoratori residenti. Il timore è che la classe politica sia bloccata dal mondo economico e non sia sufficient­emente “motivata” a procedere in questa direzione che, però, appare l’unica, razionalme­nte, per salvare il valore del lavoro in Ticino.

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