Avs, prestazioni complementari e dumping salariale
Francamente non capisco come mai la classe politica ticinese non ha sin qui portato avanti, con la dovuta urgenza, l’estensione generalizzata, a tutti i set- tori professionali non oggetto di contratti collettivi di lavoro, dei contratti normali di lavoro, istituto estremamente prezioso in questi periodi di dumping salariale. Rammento che questi contratti, tramite una decisione formale, diventano vincolanti per il settore professionale interessato e fissano dei minimi salariali. Questo strumento permette quindi di mantenere, con forza di legge, salari a livello accettabile che possano poi permettere anche all’Avs – che incassa contributi per poi erogare non solo rendite, ma anche prestazioni complementari – di mantenere entrate sufficienti. Ricordo pure che solo superata anche la soglia Fr. 21’150 di sala- rio annuo per posto di lavoro, vi sono pure contributi obbligatori al secondo pilastro. La soglia relativamente bassa diventa in ogni caso penalizzante per la pensione allorquando una persona lavora solo a tempo parziale e ciò dal momento che, non essendo raggiunto il limite di legge, non vi sono contributi che possano poi portare ad una rendita di vecchiaia o di invalidità secondo la Lpp (per inciso rilevo che troppi lavoratori che sono occupati in più posti di lavoro, e raggiungono complessivamente la soglia di Fr. 21’150 ignorano che hanno il diritto di affiliarsi ad una cassa pensione dei loro differenti datori di lavoro i quali devono pertanto assicurarli per la rispettiva quota parte di salario). Cerco di essere più chiaro. Se i salari sono al ribasso, com’è la tendenza attuale in Ticino dovuta dalla forte pressione del divario, enorme, con l’Italia e quindi dalla grande disponibilità di manodopera frontaliera, anche (molto) qualificata, pronta a lavorare a salari molto bassi, è facilmente ipotizzabile che a medio termine le risorse disponibili per le assicurazioni sociali saranno inferiori. Tale difficoltà si manifesterà non solo per le rendite Avs, ma anche per le prestazioni complementari. In effetti se una persona domiciliata non raggiunge una pensione, tra rendita Avs ed eventualmente secondo pilastro, che copra in misura sufficiente il suo fabbisogno mensile, essa ha di- ritto alle prestazioni complementari. È quindi ipotizzabile che salari bassi porteranno ad una maggiore sollecitazione delle prestazioni complementari la cui consistenza economica dipende però, come già l’Avs, dai contributi incassati. Si avrà quindi una doppia sofferenza originata da un circolo vizioso. Pertanto anche di questo aspetto di politica sociale dev’essere tenuto conto nel contrastare il più possibile la diminuzione dei salari per i lavoratori residenti. Il timore è che la classe politica sia bloccata dal mondo economico e non sia sufficientemente “motivata” a procedere in questa direzione che, però, appare l’unica, razionalmente, per salvare il valore del lavoro in Ticino.