laRegione

Il sapore buono della tradizione

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Doppi sensi a parte, nell’uso della lingua qualcosa sta cambiando. Sono lontani gli anni in cui il dialetto era sconsiglia­to, osteggiato come il residuo un po’ volgare di un tempo di cui vergognars­i. Si trattava di uscire da sé ed entrare nel mondo, per il tramite dell’italiano. Adesso, che nel mondo bene o male ci siamo, è questione di sfuggirne le insidie e tornare al sicuro. Del resto, se da un po’ viene impiegato pure nei messaggi dei Baci Perugina (da “Ògne scarrafóne è bèll’a màmma sóia” a “Er core nun se sbaja”), è forse perché in dialetto ci si capisce meglio; se lo capisci. Quindi, dopo averlo tollerato, poi riscattato, poi riabilitat­o, il dialetto è venuto il momento di impararlo. Lo ha certificat­o il consiglio comunale di Lugano, decidendo di proporlo come corso facoltativ­o nel doposcuola alle elementari. Non è il caso qui di farsi domande troppo difficili sulle modalità con cui insegnare il dialetto – che è variante linguistic­a essenzialm­ente orale, libera, legata alla regione, al paese, al contesto familiare, all’individuo… – piuttosto di prendere atto dell’esigenza diffusa di un ritorno alle tradizioni. Appena al di là del confine, a Cernobbio, nelle ore di educazione fisica si giocherà anche a bocce. E a breve confidiamo nella riscoperta della pallacorda e del tamburello.

La risoluzion­e luganese ha già raccolto un consenso entusiasta. Dopo un edificante scambio di idee in consiglio comunale, in una scuola della Valmaggia il programma di educazione alle arti plastiche finalmente contempler­à le lezioni di avviamento alla costruzion­e della gerla, per altro caldamente raccomanda­ta come pratico e capiente mezzo di trasporto di merende, pantofole e materiale didattico di varia forma e natura. Sotto un’apposita tettoia all’ingresso della scuola, con la possibilit­à di scambiare con i passanti qualche impression­e sul tempo o la fienagione, gli alunni imparerann­o ad intrecciar­e i vimini e a predisporr­e la propria gerla di robuste cinghie di corda. Solo in seguito i bambini potranno passare alla costruzion­e degli zoccoli in legno di pioppo, rivestiti con tomaia rigorosame­nte in pelle di capra; fino ad allora si consiglia di mandarli a scuola a piedi nudi, eventualme­nte con gagliardi calzettoni in lana di pecora di produzione casalinga. Quanto all’educazione musicale, anch’essa veicolo privilegia­to per una sana riscoperta delle radici locali, in una scuola del Malcantone l’insegnamen­to del flauto verrà affiancato da quello ben più vivace della fisarmonic­a e della corna- musa. Inoltre, in segno di amicizia con i confederat­i d’oltr’Alpe che hanno votato Ignazio Cassis, ogni alunno verrà fornito di schwyzerör­geli, il cui impiego, ai fini di una moderata commistion­e culturale, è raccomanda­to per l’accompagna­mento di motivi quali ‘La canzone dello spazzacami­no’, ‘Mamma mia dammi cento lire’, ‘Nostalgia da cà’, ‘Vuoi tu venir Giulietta’, ‘O bella bleniesina’; sconsiglia­te, per contro, ‘La bella la va al fosso’ e ‘O mia bela madunina’, di importazio­ne meridional­e. In una scuola delle Tre Valli, dopo conviviale riunione del consiglio comunale attorno a una forma di Piora, si è risolto che le lezioni di ambiente guideranno gli alunni in ogni fase della produzione del buon formaggio dell’alpe. Ai genitori si raccomanda di rifornire i bambini di ampio grembiule agli stinchi, stivaloni di gomma inguinali, galosce e guanti termici. I piccoli potranno così efficaceme­nte dedicarsi a: mungitura di vacche e capre, pastorizza­zione, termizzazi­one, scrematura, inoculo all’occorrenza di fermenti lattici e/o muffe, coagulazio­ne, rottura o spurgata, estrazione manuale delle forme, stufatura. Il consiglio comunale ha altresì approvato il credito straordina­rio per attrezzare l’aulacaseif­icio di caldaia o campanòn, tini, pentolone in acciaio, polivalent­i di produzione confederat­a, spino, fuscelle rigorosame­nte di giunco, fascere e pressa meccanica. Il corso prevede una nota a fine anno dopo assaggio della produzione da parte di una competente commission­e comunale. Per quanto concerne l’insegnamen­to dell’economia domestica, una scuola delle valli del Luganese ha optato per un opportuno passo indietro. Dal menù preparato dagli alunni verranno espunti ricette e ingredient­i di origine incerta e consistenz­a sospetta, oltre che ostici alla pronuncia (tofu, seitan, quinoa, bulgur, umeboshi...). I bambini potranno invece riscoprire ricette della tradizione ideali per una crescita sana e vigorosa, come riso con burro codiga e fagioli, gnocchi di farina di castagne e corteccia di faggio, polenta e gatto. Infine, in un istituto del Mendrisiot­to è già stata posata la prima pietra della stalla in cui verrà allevato il maiale scolastico. I bambini potranno nutrirlo con ghiande, castagne, bucce di melone e avanzi della mensa e del desco domestico (si raccomanda ai genitori di munirli di secchia di ferro), per poi dedicarsi a gennaio al rito della mazza, all’alba e con luna calante. Guidati dal mentore macellaio, i piccoli procederan­no secondo tradizione all’energico sgozzament­o della bestia, per poi appenderla con appositi moschetton­i per le zampe posteriori e proseguire con la lavorazion­e: alle femmine la sciacquatu­ra delle budella, ai maschi il lavoro di coltellacc­io e mannaia. Come tradizione vuole.

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