Guerra di visti tra Stati Uniti e Turchia
Ankara – È di nuovo crisi diplomatica tra Turchia e Stati Uniti. Washington ha sospeso la concessione di visti brevi ai cittadini turchi dopo l’arresto, la scorsa settimana, di un impiegato turco del consolato americano a Istanbul, Metin Topuz, sospettato di spionaggio e di aver tenuto contatti con figure di spicco della presunta rete golpista di Fethullah Gulen. Il Dipartimento di Stato ha subito definito le accuse “senza fondamento”, quindi la rappresaglia: le missioni Usa in Turchia prenderanno in considerazione solo le richieste di visto per immigrazione, restando bloccati quelli “brevi”, vale a dire per studio, lavoro, turismo. Uno schiaffo a cui Ankara ha risposto con una misura speculare per le sue sedi diplomatiche negli Usa. Ma l’effetto, ovviamente, non è lo stesso, come ha dimostrato già dall’apertura la Borsa di Istanbul. A fine giornata, gli indici hanno fatto segnare perdite di quasi il 3%, mentre ancora maggiore è stato il calo della lira turca rispetto al dollaro. Nel pieno della bufera, la procura di Istanbul ha emesso ieri un “invito a testimoniare” a un altro impiegato turco del consolato americano, finito nell’inchiesta insieme al collega. Entrambi, precisano le autorità, non godono di immunità diplomatica. In attesa che l’uomo si presenti davanti ai magistrati, la moglie e il figlio sono stati fermati e interrogati dalla polizia nella provincia di Amasya, sul Mar Nero. Un clima di fortissima tensione in cui non è mancata la convocazione del numero due dell’ambasciata Usa in Turchia, cui le autorità di Ankara hanno chiesto una revoca “immediata” dello stop ai visti, giudicato come una “escalation non necessaria”. «Al di là di tutto, questa è una decisione che ci rattrista. Il fatto che l’ambasciatore ad Ankara abbia preso una tale decisione e l’abbia resa esecutiva ci rattrista», è stato il commento del presidente Recep Tayyip Erdogan. Parole che sembrano voler mettere una distanza tra la misura sui visti e l’amministrazione Trump, facendo ricadere la responsabilità sull’ambasciatore americano John Bass. Uscente, e particolarmente sgradito ad Ankara.