Era padre di due figlie
Nello Sri Lanka la famiglia del 38enne freddato da tre colpi a Brissago reclama la salma
Scossa la comunità tamil in Ticino che cerca spiegazioni. Molte le ipotesi per l’inconsueto scatto di aggressività. Spetterà agli inquirenti far luce sui fatti.
Un 38enne, padre di due figli, che ha richiesto asilo in Svizzera nel 2015 e che ha vissuto in un centro per rifugiati negli ultimi due anni. L’uomo originario dello Sri Lanka morto a Brissago nella notte tra venerdì e sabato è ritratto così sulle pagine dell’‘Asian Tribune’, sito d’informazione con sede in Svezia, dopo avere lasciato Bangkok nove anni fa. Sin dalla mattinata di ieri, le pagine riportano le generalità della vittima e uno scatto che ritrae l’uomo seduto su una panchina. «Sappiamo che ha due bambine, abbastanza grandi» racconta alla ‘Regione’ un ticinese di origini tamil. Quanto alle voci che descrivono la vittima come un uomo tranquillo, il nostro interlocutore non ha certezze: «Non saprei, vivendo lui a Locarno non era molto conosciuto da queste parti». Le informazioni diventano ancor meno certe mentre ci addentriamo nelle dinamiche dell’accaduto. «Alcuni dei ragazzi sul posto dicono che non l’avrebbe fatto di sicuro. Secondo loro era solo un gesto per impaurire». Una sorta di atto dimostrativo, stando all’opinione di alcuni degli asilanti presenti sul posto. Ma l’ipotesi è lontana dall’essere anche una mezza verità: «Girano più versioni. Alcuni parlano di un’aggressione, altri di due gruppi che litigavano. E invece non si tratta di due gruppi, ma di un litigio». L’intervistato dice la sua anche sulla lucidità dell’uomo al momento dei fatti: «Non si esclude che fosse ubriaco». Una mezza certezza che diventa subito semplice ipotesi: «Però nella nostra comunità c’è anche chi la pensa diversamente. La verità esatta, secondo me, nessuno la sa. I due ragazzi che hanno chiamato la polizia avranno la loro versione, dall’altra parte ce ne sarà un’altra. Alla fine, nessuno sa cos’è successo, se è stato lui ad essere aggredito per primo, se la sua è la reazione a una provocazione. Manca ancora la versione giusta». La famiglia della vittima, ritratta da un sito di informazioni tamil in un momento di disperazione collettiva condiviso dai social, reclama la salma. «Hanno chiesto che sia portato nel loro paese» aggiunge il nostro interlocutore. «C’è una persona che si sta occupando di questo aspetto. Se Berna risponderà di sì, come comunità ticinese dovremo raccogliere a tale scopo 15mila franchi».
Interrogati gli altri due agenti
Sulla scia delle preoccupazioni espresse dal sindaco Roberto Ponti – non ultima l’invito a un “ripensamento logistico” sulla collocazione di asilanti in un “porto di mare” come Brissago (vista la vicinanza con il confine) – sulla vicenda si pronuncerà nella giornata di oggi il Municipio, riferendo su quanto discusso durante l’incontro svoltosi nella tarda serata di ieri. Preso atto che i risultati della scientifica non giungeranno prima di una settimana, le indagini in queste ore prevedono l’interrogatorio degli altri due agenti intervenuti la notte del tragico evento. Tre, lo ricordiamo, i colpi esplosi contro il 38enne armato di due coltelli, dall’arma di servizio di un agente di polizia, intervenuto “a garanzia dell’incolumità di tutti i presenti” (di se stesso e degli altri asilanti presenti, così dal comunicato di polizia). Tre proiettili. Due al fianco, uno – fatale – al petto.
Le puntualizzazioni di Sos Ticino
Nel pomeriggio di ieri, con un comunicato stampa, Sos Ticino ha sottolineato di non essere proprietaria, né di gestire “alcun alloggio in Ticino” o sublocazioni. L’attività di assistenza, svolta su mandato cantonale, nulla ha a che vedere con il contratto di locazione, frutto a Brissago di un “accordo diretto tra locatore e locatario”. L’individuazione degli alloggi per asilanti avviene, rimarca la no-profit ticinese, “di concerto tra cantone, segnatamente Ussi, e Sos Ticino” e viene discussa da un gruppo operativo che, oltre ai suddetti, include “Croce Rossa, ufficio migrazione, polizia cantonale”. Sos chiude ricordando “l’esperienza non problematica degli oltre 500 appartamenti attribuiti agli oltre 1000 richiedenti” collocati in appartamento, motivo per leggere la tragedia come “episodio del tutto eccezionale”.