laRegione

Sospetti legami terroristi­ci

C’è l’ombra dell’Isis dietro l’arresto a Chiasso di due giovani coniugi tunisini. Misure al vaglio

- Di SLI/A.MA./D.C.

La coppia era giunta al Centro di registrazi­one e procedura alcune ore prima dell’azione di polizia coordinata dalla FedPol. Il riserbo è massimo.

A Chiasso ci erano arrivati da poco. Con tutta probabilit­à i due cittadini tunisini avevano varcato il cancello del Centro di registrazi­one e procedura per richiedent­i l’asilo di via Motta sabato. Poi domenica notte, verso le 23, è scattata l’operazione di polizia, coordinata dalla FedPol, la Polizia federale. Una decina gli agenti della Cantonale entrati in azione. Ma loro, marito e moglie sulla trentina, non hanno opposto resistenza. E a quel punto sono scattate le manette. Certo sulla coppia pesa un sospetto grave: si presume, infatti, possa avere dei legami con attività terroristi­che svolte all’estero. A livello federale le bocche sono cucite: il riserbo massimo. Cathy Maret, a capo della comunicazi­one dell’Ufficio federale di polizia, da noi interpella­ta ieri si è limitata a confermare l’arresto di due individui ritenuti potenzialm­ente un rischio per la sicurezza interna del Paese. «Al momento – ha precisato Maret – sono in corso delle verifiche per esaminare le misure da prendere». Che in questo contesto specifico fanno riferiment­o a delle «misure di Polizia amministra­tiva», e meglio a un divieto d’entrata o a un rinvio. Quali legami terroristi­ci avevano i due giovani coniugi tunisini arrestati a Chiasso? C’è chi ipotizza, come riferito ieri da Ticinonews che ha anticipato la notizia, un collegamen­to con l’ultimo attentato a Marsiglia. Il primo ottobre scorso nella città francese sempre un tunisino, Ahmed Hannachi, aveva ucciso a coltellate due donne alla stazione. Fatti che, solo qualche ora prima del blitz a Chiasso, al di là della frontiera, a Ferrara hanno portato all’arresto di un fratello dell’attentator­e, già inseguito dalle forze dell’ordine.

Gobbi: ‘Siamo esposti a dei rischi’

C’è un collegamen­to tra l’intervento della Polizia cantonale e Federale e quanto accaduto in Italia? Nessuno si sbilancia. Neppure il direttore del Dipartimen­to delle istituzion­i Norman Gobbi. Sussiste una relazione con Marsiglia? «Non posso né confermare né confutare l’informazio­ne. Sempliceme­nte non posso – ci dice il consiglier­e di Stato –. Vi sono diverse misure che vengono intraprese durante l’anno e confermano, comunque – tiene a sottolinea­re –, la bontà e l’utilità dei controlli che vengono effettuati in entrata, da parte delle Guardie di confine, e che possono sfociare in una riammissio­ne semplifica­ta; rispettiva­mente i controlli più approfondi­ti di sicurezza e di identità su coloro che intraprend­ono una procedura d’asilo, visto che poi rischiano di rimanere per lungo tempo sul nostro territorio». Un episodio come quello che si è verificato a Chiasso, con l’arresto di due persone che potrebbero essere vicine ad ambienti terroristi­ci internazio­nali, la preoccupa? «Evidenteme­nte sono sempre segnali preoccupan­ti. E dimostrano come ci sia un’alta mobilità – ci risponde Gobbi –. Il fatto, ad esempio, che anche l’accoltella­tore di Turku (in Finlandia ad agosto, ndr) sia passato da Chiasso – il giovane, marocchino, qui aveva chiesto asilo nel 2016, ndr –, ci fa capire come la nostra posizione geografica sia, da un lato, strategica, ma dall’altro ci esponga a maggiori rischi legati ai flussi migratori, legati alla vicinanza della metropoli lombarda. È importante, però, riconoscer­e – rimarca ancora il direttore del Di –, che molto è stato intrapreso nell’ambito dei controlli preventivi, volti a depistare per tempo entrate che possono mettere in pericolo la sicurezza interna». Sul fronte federale e cantonale si è reagito in modo adeguato? «Il Cantone si occupa soprattutt­o della popolazion­e residente. A livello federale Segreteria di Stato della migrazione, Guardie e FedPol naturalmen­te lavorano insieme. C’è poi il gruppo Tetra – mirato alla lotta al terrorismo di matrice jihadista in Svizzera, ndr – che ha permesso di attivare una rete di collaboraz­ione anche sul piano dei servizi di informazio­ne, oltre che di polizia». La soglia d’attenzione quindi è alta. «Lo è. Queste persone – conclude Gobbi – cercano di andare laddove pensano di essere meno controllat­i. Ma qui i controlli ci sono».

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