L’accordo? Non è all’orizzonte
Fiscalità frontalieri, nell’agenda politica italiana altre sono oggi le priorità
Nell’agenda del governo Gentiloni non c’è traccia dell’accordo italo-svizzero, parafato nel dicembre 2015, sulla nuova imposizione fiscale dei frontalieri. Lo si apprende negli ambienti di Palazzo Chigi, alle prese con ben altre priorità. Se il governo svizzero preme perché si arrivi a porre termine alla telenovela che si trascina da anni, come anche nei giorni scorsi a Lugano ha fatto presente il consigliere federale Didier Burkhalter, a Roma sono alle prese con la legge di stabilità e la legge elettorale che rappresentano momenti decisivi per la stabilità di Governo. Il fatto poi che in Italia, nel primo semestre del prossimo anno ci saranno le elezioni politiche non depone certo a favore della firma dell’atteso accordo. Alcune forze politiche di opposizione soffiano sul fuoco delle polemiche, schierandosi dalla parte dei frontalieri che con il nuovo regime fiscale, così come previsto dall’accordo parafato, temono una stangata. Su questo versante si avverte una forte carenza di conoscenza, anche perché sui frontalieri continua a fare presa la protesta, rispetto alle spiegazioni fornite dalle organizzazioni sindacali di categoria, che a livello del Csir Ticino-Lombardia-Piemonte, incontrando gli esperti del premier Paolo Gentiloni, hanno caldeggiato modifiche all’accordo, per migliorare il trattamento fiscale. La risposta non è ancora arrivata. Ed è anche per questo motivo che a Roma si esclude la firma dell’accordo entro quest’anno. Se dovesse essere firmato, passerà più di un anno prima che possa entrare in vigore. L’accordo dovrà infatti essere approvato dalle due Camere del parlamento, che saranno chiamate a valutare i decreti attuativi. Ed è in questo passaggio che i parlamentari saranno chiamati ad approvare le eventuali modifiche, che comunque non influenzeranno sugli aspetti svizzeri dell’accordo. Insomma, con il parlamento italiano che conta le settimane che mancano alla chiusura della legislatura, è da escludere che l’accordo italo-svizzero sulla nuova fiscalità dei frontalieri possa essere discusso. Quanto basta, quindi, per comprendere il motivo per cui Angelino Alfano, ministro degli esteri italiano, nell’incontro di Lugano, sull’argomento non ha detto una sola parola.