L’amore cieco di Silvio Soldini
Partendo dall’esperienza maturata per un documentario sui ciechi, Soldini propone un film leggero e divertente, per quanto un po’ lungo, che riesce a portare la cecità sullo schermo senza ricorrere ai cliché del genere
E finalmente arriva anche da noi, grazie alla Filmcoopi di Zurigo, ‘Il colore nascosto delle cose’, film di Silvio Soldini presentato fuori concorso alla Mostra di Venezia e nei cinema italiani già da qualche settimana. Finalmente, perché sarebbe stato un peccato non poter vedere al cinema questo film che è anche un po’ svizzero, con riferimento non solo alle origini ticinesi del regista, ma anche alla coproduzione di Ventura film e Rsi, senza dimenticare il trucco di Esmé Sciaroni che proprio all’ultimo Locarno festival ha vinto il Premio cinema Ticino. Ma non è, ovviamente, solo per mero campanilismo o “primanostrismo” che ‘Il colore nascosto delle cose’ merita uno spazio nella programmazione delle sale della Svizzera italiana. E tra i punti di forza della pellicola troviamo – oltre alle interpretazioni, tutte di buon livello – il modo in cui il regista ha saputo portare la cecità sullo schermo. Si vede, come Soldini stesso ha ricordato all’anteprima lunedì scorso al LuxArtHouse, che questa storia di finzione nasce da un documentario realizzato nel 2013 (e anch’esso coprodotto da Ventura e Rsi) intitolato ‘Per altri occhi, avventure quotidiane di un manipolo di ciechi’. Di solito i ciechi – ha spiegato Soldini sempre all’anteprima – sono raffigurati al cinema come dei supereroi con gli altri sensi straordinariamente sviluppati, oppure li troviamo nei thriller, «perché la scena con la vittima che non può vedere l’assassino è sempre molto efficace» (pensiamo al classico ‘Gli occhi della notte’ di Terence Young con Audrey Hepburn). Niente assassini, quindi, ma una semplice storia d’amore, per quanto Soldini non resista e proponga un piccolo omaggio a quel cinema lì, quando la cieca Emma (la notevole Valeria Golino) abbandonata in un supermercato dal suo corteggiatore causa improvvisa apparizione della di lui fidanzata, cerca di orientarsi nell’adesso misterioso e ostile ambiente per guadagnare l’uscita e tornarsene a casa. Una bella sequenza che dimostra come non serva un assassino armato per regalare al pubblico un momento di bel cinema. Storia d’amore, si diceva, e con tutti gli ingredienti del cinema di Silvio Soldini, a iniziare dalla scoperta di una vita più autentica. Abbiamo quindi Teo (un bravo Adriano Giannini), pubblicitario che sembra amare unicamente sé stesso e il proprio lavoro, evitando di impe-
gnarsi seriamente con la fidanzata Greta che tradisce ripetutamente ma senza vera passione. Finché non conosce la già citata Emma, cieca dall’età di 16 anni. All’inizio sembra uno sfizio tra gli altri, o meglio tra le altre, ma la forza e la determinazione della donna – e della sua amica ipovedente Patti, una istrionica Arianna Scommegna – lo spiazzano e, fatto inedito, lo mettono in discussione, spingendolo persino a riavvicinarsi alla famiglia. Alla fine, quando la fidanzata scopre la relazione e gli dà un ultimatum, non riuscirà a tornare alla vuota e superficiale vita di prima. La sceneggiatura avrebbe forse avuto bisogno di qualche sfoltitura, soprattutto nella parte centrale, ma alla fine nonostante le quasi due ore di durata il film scorre piacevolmente e se a tratti sembra cadere nel melodrammatico, riesce sempre a risollevarsi con qualche guizzo anche umoristico.