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Scandalo Weinstein, se gli insulti sono per la vittima

Il produttore, accusato di molestie, è sempre più isolato. Ma anche chi l’ha denunciato…

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Mentre si allarga lo scandalo Harvey Weinstein, il produttore hollywoodi­ano accusato di una serie di stupri e molestie sessuali ai danni di attrici come Angelina Jolie e Gwyneth Paltrow, si constata che ancora una volta l’indignazio­ne pubblica riguarda non solo il presunto violentato­re, ma anche le vittime che solo ora trovano il coraggio di denunciarl­o. Tra le denunciant­i, lo ricordiamo, anche Asia Argento che al ‘New Yorker’ ha raccontato di quando nel 1997 (quando lei aveva 21 anni) Weinstein l’avrebbe costretta ad avere rapporti sessuali. Leggere alcuni commenti di uomini e donne contro l’attrice e regista italiana è un pugno nello stomaco. Tanto che lei stessa si è sfogata su Twitter dicendosi delusa perché attaccata. La sua colpa sarebbe aver parlato dello stupro solo oggi, e non 20 anni fa: “Allora avevo 21 anni ed ero terrorizza­ta”, replica lei. Che tra l’altro in uno dei suoi Tweet scrive: “Fabrizio Lombardo mi portò nella stanza di Weinstein”, riferendos­i all’allora responsabi­le della Miramax Italia. Alla fine il tweet amaro di Asia: “Ho denunciato uno stupro e per questo vengo considerat­a una troia”. Tra i vari commenti apparsi su Twitter, anche un botta e risposta fra Asia e Vladimir Luxuria: “Asia Argento avrebbe dovuto dire NO a Weinstein come hanno fatto altre attrici, le donne devono denunciare, lo diceva lei ad Amore Criminale!”. Poco dopo è arrivata la risposta dell’attrice: “Non posso credere che scrivi una cosa del genere. Evidenteme­nte non sei mai stata violentata, non hai mai provato terrore e vergogna”. Tra i tanti commenti irripetibi­li, per fortuna anche molti di solidariet­à. A proposito di Lombardo, è proprio seguendo questa pista che, nel 2004, un’ex giornalist­a del ‘New York Times’, Sharon Waxman, stava indagando su Weinstein. “Avevo anche rintraccia­to una donna a Londra che fu pagata dopo un incontro sessuale non voluto”, scrive Waxman sul suo sito ‘The Wrap’, spiegando però come la testimone “aveva paura di parlare perché aveva firmato un accordo di riservatez­za”. Waxman comunque ricorda come la sua inchiesta fu ‘uccisa’ dopo le pressioni di alcune star di Hollywood, a suo dire messe in moto dallo stesso Weinstein. Tra queste gli attori Matt Damon e Russell Crowe i quali tuttavia negano assolutame­nte questa versione. Ma che secondo la giornalist­a le telefonaro­no mentre era ancora sulle tracce di Lombardo, qualche giorno prima che l’editore del quotidiano newyorches­e decidesse di fatto di insabbiare la vicenda. ANSA/RED

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