I gemelli del (non) gol
Un anno e mezzo dopo torna il derby in famiglia: René contro Louis, le due menti della difesa di Ambrì Piotta e Servette
Ambrì – È il derby omozigote per antonomasia. E torna in scena alle Vernets, stasera. Un anno e mezzo dopo. Da una parte c’è René Matte, il 45enne tecnico del Québec che ha rimesso piede in panchina durante l’estate (nella fattispecie, quella dell’Ambrì), per dar man forte a Luca Cereda, dopo aver vissuto la stagione precedente nei panni dello ‘scout’ del Servette. Dall’altra, invece, c’è Louis Matte, suo fratello gemello, che dello Servette è l’allenatore assistente ormai dal 2008. Prima agli ordini di Chris McSorley, poi di Craig Woodcroft. «Sì, ma Ginevra-Ambrì non è Louis contro René – dice il Matte biancoblù –. Infatti né io né lui siamo gli attori principali. Pur se è senz’altro curioso, il fatto che due fratelli facciano la stessa cosa su due panchine diverse». E il loro mestiere è dirigere le difese. Con quella dell’Ambrì che, fin qui, in dodici partite ha incassato 44 reti. «E fanno più di tre a partita, quindi sono troppe – dice –. Ci lavoreremo, perché fa parte del nostro processo di crescita. Tuttavia, bisogna anche vedere in che modo uno i gol li subisce. In uno sport collettivo come l’hockey, in cui spesso quando l’avversario segna, nella medesima azione c’è più di un giocatore ad aver commesso errori. Anche ‘solo’ di piazzamento. Detto ciò, c’è errore ed errore: se con un disco perso ci si può convivere, lo stesso non si può dire di un difensore che non fa ciò che deve».
René Matte: ‘Il punto debole dei ginevrini? No, non lo dico. Non voglio finire appeso al muro del loro spogliatoio...’
Scrutare nelle retrovie, però, non vuol certo dire che per René Matte il ghiaccio finisca a metà pista. «Ovviamente parlerò anche a un attaccante che ha perso il proprio uomo, trasformando un tre contro tre in un tre contro due. La mia attenzione, però, è focalizzata soprattutto su ciò che succede nella nostra zona, nel nostro ‘territorio’. Concentrandomi sul comportamento dei difensori nelle situazioni come l’uno contro uno, osservando ciò che fanno con il corpo, come tengono il bastone eccetera». Ad Ambrì, Matte ha pure un secondo incarico: isolare le immagini per l’analisi a video. «Anche in quel caso, a livello individuale mi concentro specialmente sul
comportamento dei difensori. Va da sé, comunque, che per analizzare il gioco collettivo, sotto i riflettori devono finire tutti e cinque i giocatori. In genere Luca viene da me e mi dice: ‘Vorrei analizzare questo o quel movimento’, e io non solo so cos’ha in testa, ma devo avere già gli spezzoni pronti da mostrargli». Prodotto delle famose notti insonni. «In verità io dormo poco per abitudine: cinque ore bastano. Per il resto cerco di ottimizzare il tempo. Ad esempio, ieri (martedì, ndr) mentre io e Paolo (Duca, ndr) tornavamo da Malley, ho trascorso il tempo in macchina
a lavorare al computer, scaricando le immagini delle azioni più interessanti da abbinare alle note che avevo preso durante il match». Con l’obiettivo di dissezionare il Servette di Woodcroft e di suo fratello, in un ‘derby’ di Malley finito addirittura 8-4 per i vodesi. «Il punto più debole dei ginevrini? No, non lo dico. Sennò – ride, mimando un foglio di carta – servirei da stimolo a quelli del Servette. Infatti conosco mio fratello: appenderebbe la mia foto alla parete dello spogliatoio e direbbe ai giocatori: ‘Ecco cosa pensa di noi quel buco del c...’».