laRegione

Argo 1, neanche un bip!

- Di Matteo Caratti

È terminata un’altra settimana e continuiam­o nelle nostre riflession­i sull’incarico diretto ad Argo 1. Lo facciamo visto che non sono ancora giunte risposte (credibili) dai diretti interessat­i sui mille perché della vicenda del mandato diretto milionario dato alla ditta di sicurezza. Mandato al quale si sono aggiunti i pasti per i centri di Rivera e Camorino, provenient­i da Chiasso (perché non da Bormio?) percorrend­o quasi 200 chilometri al giorno, salvo poi optare immediatam­ente, non appena emerso il caso, per una mensa del Cantone a pochi passi da Bellinzona. Come è stato possibile che succedesse tutto ciò? La politica – che a parole continua a dire di voler fare chiarezza – si sta prendendo tutto il tempo anche se sono già passati oltre sette mesi dallo scoppio dello scandalo. Alla Gestione occorrerà circa un mese per fare anche solo la lista delle domande da sottoporre poi ancora al parlamento in vista della richiesta di costituzio­ne di una Commission­e parlamenta­re d’inchiesta. Domande che, mettendosi di buzzo buono, si possono scrivere fra un caffè e un cappuccino a colazione. L’imbarazzo non è grande, è megagalatt­ico. Gli unici – dopo l’incarico del CdS all’ex pp Bertoli – che questa settimana si sono sentiti liberi e in dovere di dire qualcosa, mentre cresce lo stupore di molti ticinesi, sono i partiti che rappresent­ano gli estremi: l’Udc (mercoledì il presidente Marchesi sulla ‘Regione’) e l’Mps (che per la penna del deputato Pronzini si è interrogat­o sul tema del finanziame­nto ai partiti). Più al centro ieri, dalle pagine di ‘OL’, anche il deputato Galusero è tornato a rilanciare l’argomento (in solitaria?), indicando in una decina di punti le questioni alle quali il “Ticino serio e onesto attende risposta”. E dalle colonne del ‘PeL’? Citus mutis. Neppure un ‘bip’, mentre ‘il Mattino’ ha promesso novità per domenica. Vedremo. Strano davvero, ci siamo detti. Già, perché la curiosità di Pronzini in un Paese normale avrebbe dovuto sortire un’ondata di indignazio­ne e la gara a dire ‘noi no, noi no’. E invece nulla. Pronzini, concretame­nte e angelicame­nte, in un’interrogaz­ione al governo si è chiesto “se il CdS si è già attivato per verificare che nessun partito o singoli candidati alle elezioni cantonali 2015 abbiano ricevuto sostegni finanziari, diretti o indiretti, da Argo 1 o dai suoi dirigenti”. In un Paese normale, lo ripetiamo, i partiti (uno prima di tutti, cioè quello guidato da un presidente e un consiglier­e azzoppati) avrebbero dovuto insorgere e dire forte e chiaro che l’interrogan­te si è fuso il cervello. Primo, perché pone una domanda del genere al governo. Che ne sa infatti l’esecutivo di come si finanziano i partiti, che sono associazio­ni indipenden­ti e autonome? È vero, la legge prevede che, se ricevono finanziame­nti superiori a 10mila franchi, devono annunciarl­i sul Foglio ufficiale. Ma quella legge è facilissim­amente aggirabile. Come? Spezzettan­do gli importi, facendoli passare come pubblicità agli organi di partito… Secondo, perché, stando al deputato Pronzini, “quanto emerso e la spregiudic­atezza dei dirigenti di Argo 1 spingono a chiedersi se, in passato ed in occasione di scadenze politicame­nte importanti – ad esempio le elezioni canto- nali –, Argo 1 e/o i suoi dirigenti non abbiano cercato di ‘sdebitarsi’ per il trattament­o ricevuto attraverso finanziame­nti a candidati e/o partiti politici”. Sempre in un Paese normale, chi si spinge a fare tali illazioni, o è uno squinterna­to o ha (o almeno pensa di avere) qualcosa in mano. Ma d’altra parte, chi è chiamato a fare la figura del comperato o del venduto, se non lo è, si dovrebbe arrabbiare. Arrabbiare assai! O no? Ci limitiamo a constatare che finora non è stato il caso...

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