Mr. Pil… Il misterioso
Siamo in ottobre, amico mio, e non è una novità, lo so. Come non è una novità che è tempo di vendemmie, di raccolte, del com’è andata, del poteva andar meglio ma anche peggio. Insomma esami e bilanci, ovviamente i primi e sommari (esami e bilanci). Poi si vedrà.
E perché non chiedere direttamente al Pil? Anche perché, così sembrerebbe, oggi come oggi senza Pil non ce la faremmo a vivere. Mah! Tu ce la faresti comunque? Non lo so, anche perché non so esattamente cos’è il Pil. So che, per intero, si chiama Prodotto Interno Lordo. So che misura il valore di mercato delle merci. Quelle lavorate e pronte per il mercato. Che poi sono i beni, unitamente ai servizi, che lo Stato ci mette a disposizione. Almeno così ho capito io.
Quindi, riassumendo, dovrebbe essere l’indicatore del nostro benessere.
Così dicono, anche se… Ascolta: Ti ricordi di Robert Kennedy, che, se non sbaglio, fu ucciso durante la campagna elettorale? Ecco cosa disse a proposito del Pil già nel 1968 – sottolineo 1968 – parlandone agli studenti di una Università (non ricordo quale): “Il Pil comprende anche l’inquinamento dell’aria, la pubblicità delle sigarette (…) Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari (…) con gli equipaggiamenti che la nostra polizia usa per sedare le rivolte (…).
Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o la gioia dei loro momenti di svago (…). Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità dei rapporti fra di noi. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”.
Aveva ragione, perdinci e anche perbacco, come avrebbe detto Totò. Infatti, come la mettiamo con il tasso di disoccupazione? Con le emissioni del CO2? Con i furti, con le rapine e i borseggi? Con la disuguaglianza dei redditi? Con l’indice della povertà (sembra che anche da noi statisticamente…)? Con le malattie? E non da ultimo con l’occupazione femminile, rapportata a salario e carica? Con il reddito medio per famiglia?
Amico mio, Ecco cosa avrebbe detto Pitigrilli: “Ci vogliono dieci anni per imparare a scrivere, ma non basta tutta la vita per imparare a cancellare”.