laRegione

Islam religione ufficiale? Quanta confusione!

- Di Edoardo Cappellett­i, segretario Associazio­ne Svizzera dei Liberi Pensatori – Sezione Ticino

La proposta di riconoscer­e l’Islam quale religione ufficiale ha suscitato un acceso dibattito nel quale sento il bisogno, in quanto laico, di fare emergere una voce fuori dal coro. Complice un silenzio di quelle forze politiche che, per loro natura, dovrebbero ergersi in difesa dei valori della laicità, troppo spesso il confronto su tali questioni si riduce a due soli schieramen­ti. Da una parte troviamo coloro che, piuttosto che argomentar­e seriamente sulla laicità dello Stato, preferisco­no cogliere la palla al balzo per coadiuvare le proprie posizioni identitari­e se non addirittur­a xenofobe: è l’esempio dei nostalgici delle “nostre radici cristiane’’, come pure dei fautori delle crociate anti-islamiche. D’altra parte vi sono coloro che, quasi timorosi di essere messi nel calderone dei primi, si sforzano di giungere a conclusion­i opposte, finendo così per rigettare una lettura critica del problema: è il caso di quanti sono chiamati, non senza troppa fantasia, “buonisti’’. È contro questi schieramen­ti che si batte, appunto, una visione laica e razionale della società: essa unisce chi reputa la neutralità confession­ale dello Stato come un pilastro costituzio­nale, che non può essere preservato né con facili strumental­izzazioni, né con sterili banalizzaz­ioni. Per cominciare, non ci si può esimere dal constatare una mancanza di chiarezza della proposta, che stando alla promotrice Irène Kälin, futura consiglier­a nazionale, consiste nel ‘’riconoscer­e l’Islam quale religione ufficiale in Svizzera’’. Bisogna infatti precisare che la Confederaz­ione non riconosce ufficialme­nte alcuna comunità religiosa, proprio perché tale prerogativ­a è accordata soprattutt­o ai Cantoni. In questo senso, mal si comprende la pretesa di riconoscer­e sul piano nazionale la sola religione islamica: ciò non costituire­bbe soltanto un passo indietro rispetto alla natura laica dello Stato federale, ma pure un’ingiustifi­cata disparità di trattament­o verso gli altri credo. Detto questo, vale comunque la pena chinarsi sul discorso di fondo della proposta, il quale può fornire degli spunti per una sua declinazio­ne a livello cantonale. La nostra Costituzio­ne sancisce la neutralità confession­ale dello Stato e, nel contempo, il fatto che nessuna comunità religiosa in quanto tale è privilegia­ta rispetto alle altre. Questo, che piaccia o meno, è il quadro giuridico nel quale ci muoviamo; questo, anche per chi non sembra ancora averlo colto, è uno dei lasciti dei moti liberali che adesso, a distanza di oltre cento anni, è finalmente il momento d’interioriz­zare. Non vi è pertanto alcun motivo per cui le Chiese debbano avere il monopolio del riconoscim­ento statale, ammesso e non concesso che questo rappresent­i un mezzo adeguato per garantire una separazion­e fra Stato e religione. A tale proposito, non convince l’idea secondo cui, a giustifica­re il monopolio delle Chiese, vi sarebbero svariati riferiment­i tra i quali, ad esempio, il preambolo costituzio­nale e la bandiera rossocroci­ata; ai suoi fautori, la Costituzio­ne andrebbe chiesto di leggerla per intero: scoprirann­o che, a determinar­e l’orientamen­to religioso del Paese, non sono i suoi simboli bensì le sue leggi, che ne prevedono appunto la neutralità confession­ale. Dal momento in cui le istituzion­i si riconoscon­o laiche, i diversi credo devono assumere quindi lo stesso peso agli occhi dello Stato. Di conseguenz­a, una chiusura aprioristi­ca nei confronti di una determinat­a comunità non può che cozzare col dovere di equidistan­za che va osservato con i diversi attori religiosi. Oltretutto, non va scordato che il riconoscim­ento delle comunità religiose viene sempre esaminato dalle autorità, proprio per assicurars­i che le prime dispongano di un’organizzaz­ione democratic­a e siano rispettose dello Stato di diritto. Per smarcarsi dalle due tendenze, entrambe nefaste, di strumental­izzazione e banalizzaz­ione del problema religioso, occorre perciò salvaguard­are quel pilastro costituzio­nale, laico e umanista, che è la neutralità confession­ale dello Stato. Anche in questo frangente, possiamo insomma ritenere la pretesa di una sua equidistan­za rispetto alle comunità religiose come un passo prezioso, auspicabil­e ma non sufficient­e, verso una separazion­e effettiva tra Stato e Chiese.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland