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‘Una moda che potrebbe sfociare in una pericolosa bolla’

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Dell’utilizzo di bitcoin come mezzo di pagamento abbiamo parlato con il professor Sergio Rossi, ordinario di Macroecono­mia ed economia monetaria all’Università di Friburgo.

L’utilizzo di bitcoin come mezzo di pagamento per saldare fatture emesse dall’amministra­zione pubblica comporta dei rischi?

Assolutame­nte sì. Se l’ente pubblico conserva i bitcoin per una durata più o meno lunga, si espone al rischio che il potere di acquisto dei bitcoin in suo possesso diminuisca in maniera brutale, repentina e inattesa. In tal caso, lo Stato dovrà ridurre la spesa pubblica o aumentare la pressione fiscale per far quadrare i propri conti. A subirne le conseguenz­e negative saranno allora le persone i cui interessi sono ignorati dalla maggioranz­a di governo. Se invece l’ente pubblico intende spendere i bitcoin incassati, potrebbe subire una perdita se nel frattempo il bitcoin ha perso quota nel mercato valutario, magari perché alcune autorità monetarie ne hanno proibito l’utilizzo. Esiste poi il rischio reputazion­ale, visto che i maggiori utilizzato­ri di bitcoin sono gli attori dell’economia sommersa, che lo usano per svolgere delle transazion­i illegali o per la sottrazion­e di imposte. Non da ultimo, la moda dei bitcoin potrebbe presto sfociare in una bolla come quella dei tulipani nel 1636. Le conseguenz­e per il settore pubblico, come per l’economia nel suo insieme, sarebbero catastrofi­che.

Il bitcoin – o una criptovalu­ta simile – potrebbe diventare una moneta a tutti gli effetti qualora fosse emessa dal sistema bancario. È una prospettiv­a verosimile nel corto termine?

A breve termine le criptovalu­te resteranno un fenomeno di moda e un oggetto di speculazio­ne. Se però la tecnologia informatic­a che ne è all’origine, ossia la ‘blockchain’, fosse integrata nel sistema dei pagamenti utilizzato dalle banche, si potrebbe giungere rapidament­e a una sintesi operativa tra la struttura attuale del sistema bancario e la tecnologia informatic­a che regola il traffico dei pagamenti in criptovalu­ta. Il primo passo sarà dunque l’emissione di una criptovalu­ta da parte di quelle banche che cercano delle nuove opportunit­à per aumentare i loro margini di guadagno. Il secondo passo potrebbe essere l’utilizzo di questa criptovalu­ta per i pagamenti internazio­nali, che dovranno essere svolti in una moneta sovranazio­nale per essere finali anziché sempliceme­nte promessi come avviene attualment­e con l’utilizzo di monete nazionali quali l’euro, il franco e il dollaro statuniten­se.

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