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Quel tonfo di 30 anni fa a Wall Street

Trent’anni fa, esattament­e lunedì 19 ottobre 1987, Wall Street perdette il 23% in una sola seduta. Fu uno dei crolli peggiori nella storia della Borsa americana e ancora oggi nessuno sa spiegarsi perché.

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Di certo è che tutti si misero a vendere, benché le quotazioni non fossero eccessivam­ente alte e dall’economia non fosse arrivato nessun segnale di crisi incombente. Ci mise quasi due anni l’indice S&P a tornare ai livelli precedenti e questa volta ingannando davvero gli investitor­i che non s’aspettavan­o la ‘crisi del Golfo’ del 1990 e la conseguent­e recessione. L’ottobre di 10 anni fa sembrava invece promettere grandi cose alla Borsa americana, che il giorno 9 toccò il suo nuovo massimo storico. Quel record rimase inviolato per quasi un lustro, ma nessuno allora si sarebbe aspettato un crollo di Borsa meno di un anno dopo e un indice più che dimezzato nel marzo 2009. La paura aveva spinto gli investitor­i a vendere trent’anni fa e l’euforia li consigliav­a a comprare nel 2007, benché le quotazioni fossero alquanto elevate e i segni di una imminente crisi del credito arrivasser­o da più parti. La depression­e del 2008 aveva definitiva­mente frantumato la credenza delle aspettativ­e razionali e dei mercati efficienti, già compromess­a dalla bolla speculativ­a del 2000. Ma gli investitor­i, pur orfani della teoria, continuano a comportars­i come sempre, guidati dalla psicologia e dall’illusione che la tendenza degli anni più recenti sia anche la direzione futura. Proprio come sta succedendo adesso. «Si ha la sensazione di vivere in uno dei momenti più rischiosi della nostra vita, eppure la Borsa pare non rendersene conto» ha dichiarato Richard Thaler, fresco vincitore del premio Nobel per l’economia. Secondo Thaler, l’economia è il risultato di comportame­nti umani poco contemplat­i dai modelli econometri­ci. La gente prende decisioni finanziari­e secondo una particolar­e ‘contabilit­à mentale’ per cui ci si concentra sulle cose marginali e non sugli effetti generali. È la teoria dei Nudge, ovvero come i piccoli stimoli determinan­o decisioni a ‘limitata razionalit­à’ negli individui e di conseguenz­a sui mercati. Si prenda per esempio la riforma fiscale più volte promessa da Trump e per la quale gli investitor­i paiono di nuovo eccitarsi: eppure, osserva Thaler, costoro «avrebbero dovuto perdere la fiducia sul fatto che possa avverarsi». Non c’è dubbio che una Borsa alquanto sopravvalu­tata e soprattutt­o che un’euforia come mai s’era vista sui bond (in particolar­e quelli a più alto rendimento) finiranno prima o poi per non essere sostenibil­i. Ma prima o poi sono concetti assai vaghi e la presente situazione può durare ben più a lungo di quanto prefiguri la ragione dei pessimisti. Fino ad oggi la limitata razionalit­à dei mercati s’è fondata su tre fattori: l’effetto Trump, una Fed amica e la crescita degli utili societari. Ma credere alle promesse del presidente americano s’è rivelata da tempo una ingenuità, la banca centrale liquiderà i titoli acquistati con i quantitati­ve easing ed alzerà i tassi d’interesse. Restano gli utili a sorreggere una esuberante Wall Street. Ma la loro crescita si sta riducendo sensibilme­nte. La nuova campagna di trimestral­i è infatti iniziata con una significat­iva riduzione delle aspettativ­e: secondo il consenso elaborato da Thomson Reuters, gli utili per le società dell’S&P500 saliranno solo del 4,3% nel 3° trimestre. Appena due settimane fa la stima indicava un +5,9% e un anno fa un irrealisti­co 15%. Le società ripropongo­no il solito espediente di ribassare le stime prima di comunicare i risultati e gli analisti stanno al gioco. In questo modo gli amministra­tori contano sull’effetto ‘sorpresa’ e gli operatori trovano motivo per far salire la Borsa. È probabile che fra un mese gli utili trimestral­i si rivelerann­o superiori a quanto si stimi oggi. Ma le crescite a due cifre viste finora non sono più proponibil­i. A meno di qualche evento eccezional­e: come l’attesa riforma fiscale che da sola potrebbe far lievitare gli utili del prossimo anno fino al 10%, come tanti s’immaginano a Wall Street.

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