Il castagno
Il Castagno europeo (Castanea sativa), stretto parente del faggio e della quercia, è pianta di origine antichissima, essendo tra le latifoglie che fecero la loro comparsa sulla terra nel Cenozoico (un’era geologica iniziata 300 mila anni fa e tutt’ora in corso). Secondo recenti studi su una cenosi (groviglio di radici) di castagno risalente a 10’000 anni fa conservatasi nella parte più protetta delle Alpi apuane, si ritiene che l’albero delle castagne sia sopravvissuto all’ultima glaciazione (cominciata 100mila anni fa e finita solamente da 9mila anni) trovando rifugio in alcune nicchie climatiche. Quella più grande e conosciuta si localizza nel Caucaso e nel Nord dell’Anatolia, altre zone sono state identificate in Spagna, Francia, Grecia e Macedonia centrale, in Italia si sono individuate delle zone rifugio nei versanti tirrenici dell’Appennino settentrionale e centrale, dalla Liguria al Lazio, inoltre nelle zone collinari nei pressi del Lago di Garda. La sua diffusione, insieme al noce da frutto e alle prime colture cerealicole, incominciò per mano dei popoli neolitici quando si sciolsero le prime terre ghiacciate, ma fu con i Greci e i Romani che il castagno esplose in tutta Europa. Gli antichi romani apprezzavano moltissimo la pianta sia per il frutto che per il legno, e i loro legionari la diffusero ovunque impiantando castagneti in Spagna, Portogallo, Francia, Svizzera, anche oltre le Alpi fino in Inghilterra del Sud, e a volte anche in regioni poco adatte al loro naturale sviluppo. Il castagno è in grado di riprendersi molto velocemente da un incendio, il suo legno assai resistente alle intemperie è ottimo per ricavarne: travi e legname da costruzione, pali per la vigna, doghe per le botti, mobili e cesti di tutte le grandezze e anche amuleti per il viaggio inoltre la pianta produce una grande quantità di frutti nutrienti che si possono conservare per lungo tempo e ridurre in farina, foglie resistenti che si possono usare per riempire i pagliericci o da usare come lettiera per gli animali, ricci e legna per il fuoco, fo- glie fresche per preparare tisane contro le tossi persistenti e corteccia carica di tannini contro la dissenteria; ed infine le api bottinano avidamente i suoi fiori producendo un miele ineguagliabile. Una sfilza di pregi che favorirono la diffusione dell’albero fino alla fine dell’epoca romana. Nell’Alto Medioevo, in una società dove ogni classe sociale aveva i suoi menù, le castagne furono sottostimate e considerate cibo per i poveri, tuttavia gli abitanti e i contadini dei luoghi dove crescevano le avevano incluse nella loro diversificata gastronomia. Nelle pianure coltivate a grano la raccolta di prodotti spontanei e la caccia perdono la funzione di risorse alimentari abituali, le classi sociali alte s’impadroniscono di una parte ineguale dell’insieme delle risorse agrarie, silvicole e pastorali di cui dispone la società. I poveri e i contadini entrano nel bosco per la raccolta, i nobili per la caccia, ogni classe sociale attribuisce a queste risorse dei valori diversi e le combina alla propria maniera, per costruirsi un sistema alimentare idoneo, facendo della tavola un potente elemento d’identità collettiva. Verso la fine dell’anno 1’000 la “magna comitissa” Matilde di Canossa, erede di un territorio che si estendeva dalla Toscana a Mantova, sagace politica e sapiente governatrice del suo feudo, intuì l’estrema importanza della castagna come base per la sopravvivenza delle popolazioni montane. Promulgò regolamenti che portarono ad un vero rilancio dei castagneti e della loro produttività, con l’aiuto dei monaci benedettini, vennero moltiplicate le piante e messe a dimora in luoghi adatti nel rispetto di un criterio agronomico che viene definito ancora oggi “sesto d’impianto matildico”. I giovani castagni allevati in forma libera sono disposti ai vertici di triangoli sfalsati ad una distanza di circa 10 metri, un sistema che permette la crescita dell’erba del sottobosco da sfruttare come pascolo per le greggi ed agevola la raccolta dei frutti, delle foglie e dei ricci. Quello di Matilde fu l’ultimo vero impulso dato alla coltura dell’“albero del pane”, che cominciò a declinare a partire (...)
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