Il castagno
Segue da pagina 21 (...) dal Rinascimento (circa 1350-1500) in concomitanza con il progresso tecnico in agricoltura e il crescente sviluppo della cerealicoltura. Da allora sino a fine Ottocento, con l’avvento di altri materiali da costruzione (ferro ecc.) la castanicoltura fu progressivamente abbandonata, sopravvivendo però in alcune zone vocate dove contribuì non poco a spegnere i morsi della fame e a completare l’alimentazione dei poveri fino all’ultima guerra. Nel bosco di Carpineto, sul versante orientale dell’Etna, vive il Castagno dei cento cavalli. È chiamato così perché la leggenda vuole che la regina Giovanna I d’Angiò nel 1347, a caccia sul vulcano e sorpresa da un potente temporale, tro- vò rifugio con tutta la sua scorta di 100 cavalieri nel cavo del gigantesco albero. Il suo tronco ha una circonferenza di 22 metri ed è alto 22 metri, gli specialisti dicono che ha tra i 2’500 e 4’000 anni, probabilmente è l’essere vivente più antico d’Europa. Chi avrà messo quel seme nella calda terra dell’Etna? Un marinaio fenicio capitato per caso ai piedi della montagna o un combattente greco sbarcato con tutta la famiglia alla ricerca di nuove terre da colonizzare? I frutti di quest’albero millenario avranno mantenuto il sapore originario dei primi? Nel bel libro di Ely Riva “Alberi secolari del Ticino” (Salvioni Edizioni) ci sono le fotografie di alcuni antichissimi castagni ticinesi: i due castagni dell’Alpe di Brusino con 11 metri di circonferenza e mille anni di vita, quello di Bordei a Palagnedra il più grande, con un tronco di 12,70 metri di circonferenza, e quello di Chironico 11,75 metri. Castagni centenari e monumentali non ne mancano in Ticino, sia al Sud che al Nord se poi andate a Berzona (Val Onsernone) ne troverete uno con una targa su cui sta scritto “L’arbul du pueta Francesco Chiesa MCMXXXIX”.