laRegione

‘Eoc e facoltà a rischio’

Ogni giorno 4 persone si fanno curare fuori cantone anche se potrebbero farlo in Ticino. Per il prof. Cavalli non è un problema di qualità, ma di interessi: ‘Nel privato c’è chi vuole indebolire l’Eoc, non escludo ci siano anche ragioni finanziari­e’. Infa

- Di Simonetta Caratti

Ogni giorno 4 persone (su 71) scelgono di farsi curare fuori cantone anche se potrebbero farlo in Ticino, in particolar­e per interventi ortopedici, cardiologi­ci, oncologici (per resezioni a organi). Interventi perlopiù di routine, che si potrebbero fare in Ticino. Perché ai bisturi locali alcuni preferisco­no quelli oltre Gottardo? Lo abbiamo chiesto a medici e pazienti in una serie di approfondi­menti. Brutte esperienze con la sanità ticinese, la ricerca del miglior bisturi, il tam-tam tra conoscenti... raccontano due pazienti del Sottocener­i (certamente non rappresent­ativi) che hanno preso il treno verso Nord. Scelte legittime, infatti ogni paziente può curarsi dove vuole. «Non è un problema di qualità, ma piuttosto di interessi, qualcuno nel privato vuole indebolire lo Stato», dice il prof. Franco Cavalli. Infatti se il flusso di pazienti fuori dal Ticino dovesse aumentare, a farne le spese sarebbe l’intera sanità cantonale. Spiega il professor Raffaele Rosso (‘laRegione’, 28.9): «Più si fanno interventi complessi, più diminuisco­no complicazi­oni e mortalità». Sui numeri il Ticino rischia di uscire perdente rispetto agli ospedali universita­ri elvetici, complice anche la concorrenz­a tra pubblico e privato. «Se si continua così in Ticino si farà solo una chirurgia minore, ci vuole un gioco di squadra», dice il primario di chirurgia all’ospedale regionale di Lugano. Diversa la lettura (‘laRegione’, 9.10) del prof. Sebastiano Martinoli: «Si è spinto troppo sulla specializz­azione. Dobbiamo puntare sulla medicina di prossimità, formare medici polivalent­i, che nell’emergenza sanno fare tutto, bloccando la crescita fuori misura degli specialist­i, altrimenti il sistema scoppia».

Chi ci guadagna per davvero

Per il prof. Franco Cavalli la qualità è spesso una scusa: «I pazienti vanno dove li manda il medico curante. Se è un profession­ista del privato avrà la tendenza a inviarli oltre Gottardo, sfruttando il persistere della mentalità che a Nord sono più bravi», spiega l’oncologo. Ma qui la qualità non sembra contare davvero: «Penso che un gruppo di medici del privato non voglia che l’Eoc si rafforzi troppo: piuttosto che inviare pazienti all’ospedale, fanno accordi con profession­isti che li operano a Nord e li visitano in clinica a Lugano. Non escludo che ci siano anche ragioni finanziari­e». E ci fa qualche esempio. «Diversi gastroente­rologi inviano le biopsie in Svizzera interna, anche se l’Istituto cantonale di patologia è molto buono. Ci sono medici che mandano i pazienti con linfomi a Zurigo; quando da Zurigo inviano i casi più complessi all’Istituto oncologico della Svizzera italiana (Iosi), perché siamo l’istituto nazionale di riferiment­o. Qui si vuole indebolire lo Stato». Vista la ‘battaglia’ tra pubblico e privato, il prof. Cavalli è preoccupat­o per il master in medicina: «È uno dei progetti cantonali più importanti ed è l’unica garanzia di mantenere una medicina di alta qualità in Ticino. Ogni paziente che va a Nord indebolisc­e la facoltà perché per attirare buoni medici dobbiamo avere in Ticino un certo numero di interventi». Per l’oncologo non possiamo

comunque giocare in tutti i settori nella ‘Champions League’: «In Ticino abbiamo ambiti dove siamo più deboli (non sono quelli che già rientrano nella facoltà di scienze biomediche) e per questi settori si può capire che si prenda ancora il treno per Zurigo. Ma succede purtroppo anche per i settori dove siamo tra i più bravi e questo non è giustifica­to».

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