Contrabbando, è battaglia del ‘grano’
Rinviata l’udienza preliminare di Fort Knox: l’accusa chiede 36 milioni, gli imputati ne ‘offrono’ 8
Otto milioni di euro. Questa la somma che sostengono di aver guadagnato i promotori del più grande contrabbando d’oro mai scoperto da due delle capitali italiane (Arezzo e Marcianise) verso il Ticino: 180 milioni di metallo giallo in parte censito e in parte sequestrato nell’ambito dell’operazione Fort Knox. Lo si è appreso ieri ad Arezzo dove nel corso dell’udienza preliminare è andata in scena una sorta di “battaglia del grano”, che ha visto contrapposto il pubblico magistrato Marco Cioni al nutrito collegio di difesa giunto da ogni parte d’Italia. Sono 36 i milioni in discussione fra oro e valuta (pacchi di banconote da 500 euro provenienti da Chiasso) di cui, dopo essere stati sequestrati, l’accusa chiede la definitiva confisca a favore dello Stato italiano per il danno subito. Otto, invece, i milioni che gli imputati sono disposti a farsi confiscare. Un dato, quello riferito al guadagno realizzato tra novembre 2011 e ottobre 2012, di cui non si era mai avuta notizia. C’è da chiedersi quanto i trafficanti possono aver guadagnato, visto che dalle carte fornite dal Ministero pubblico emerge che l’entità del traffico di oro riconducibile ad alcuni degli imputati, negli anni precedenti Fort Knox, sarebbe stata di un valore pari a 1,4 miliardi di euro. La “battaglia del grano” non si è esaurita. Il giudice dell’udienza preliminare Marco Cecchi ha dunque fissato altre due udienze: il 24 ottobre e il 9 novembre, giorno in cui dovrebbe arrivare la sentenza per i 39 imputati che hanno scelto la strada del patteggiamento, dopo che i loro avvocati avevano convinto l’accusa che non c’erano i presupposti del reato associativo finalizzato al riciclaggio di oro, derubricato in contrabbando. Una manna per gli imputati, compresi il capo dei capi Petrit Kamata, cittadino svizzero di origine albanese, residente a Lugano e con uffici a Chiasso, e l’imprenditore orafo aretino, con interessi anche in Ticino, Michele Ascione. Per quasi tutti gli imputati l’accusa chiede pene per cui nessuno andrà in carcere. Per alcuni, fra cui il figlio di Kamata, chiede il proscioglimento. Cioni spera di confiscare il tesoro sequestrato, ma la decisione spetta a Cecchi, che potrebbe respingere i patteggiamenti, così come non considerare congrua l’entità della pena derivante dall'accordo fra le parti.