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Massimilia­no Trentin: la lotta jhadista non è finita

- Ansa/red

La caduta di Raqqa, ex roccaforte dello Stato Islamico nel Nord della Siria, ora in mano alle forze curde sostenute dagli Stati Uniti, non significa necessaria­mente la fine dell’insurrezio­ne jihadista in Iraq e Siria, né che la capacità dell’Isis di esportare la sua guerra sia esaurita. Secondo Massimilia­no Trentin – ricercator­e dell’Università di Bologna e curatore del recente ‘L’ultimo califfato’ (Il Mulino, 2017) –: «La centrale politica dell’Isis non era solo a Raqqa, ma si trovava, e forse ancora si trova in parte, in uno spazio compreso tra la Siria e l’Iraq». Dunque, ha detto Trentin in una intervista all’Ansa, «le azioni dell’Isis potranno continuare perché i gruppi sono tanti e le loro motivazion­i rimangono». Certo, ha aggiunto, la caduta di Raqqa «è una vittoria importante. Come è stata quella di Mosul», nel Nord dell’Iraq, nel febbraio scorso. Ed era comunque attesa: da quando era iniziata nel novembre 2016 l’offensiva curdo-americana su Raqqa, «i rapporti di forza erano volti chiarament­e a favore delle forze curde». Una sconfitta determinat­a anche dalla progressiv­a perdita «della capacità di farsi carico del governo di un territorio e della sua popolazion­e, e della gestione delle risorse dell’area». Ma, in alcuni contesti, ha avvertito Trentin, l’Isis ha ancora la capacità di presentars­i come alternativ­a a regimi screditati e repressivi, pur se sarà costretto a mutare denominazi­one e forma. Una prospettiv­a da non escludere: l’Isis potrà cioè «riprendere le armi in forme diverse, rialzare la testa, ma solo se non ci sarà nessun’autorità centrale e locale che avrà risorse sufficient­i per ripristina­re forme di governo nelle zone rurali, tra Siria e Iraq. Non bisogna dimenticar­e – ha spiegato – che l’avanzata dell’Isis in Siria tra il 2013 e il 2014 è avvenuta non solo attraverso l’esercizio della violenza ma anche grazie alla costituzio­ne di alleanze con gruppi di potere locali”. E questo induce a prevedere che i miliziani dell’Isis «potranno trovare nel territorio appoggi e sostegno: potranno cambiare veste, essere cooptati dagli attori militari che prenderann­o il posto del Califfato nell’area».

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