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Il ritorno dei reduci

- Ansa/red

Beirut/Damasco – Dove saranno adesso? L’euforia per la liberazion­e di Raqqa dagli “occupanti” dello Stato Islamico impedisce per ora di dare una risposta alla domanda che molti si pongono: dove sono finiti i miliziani dell’Isis sopravviss­uti all’offensiva delle Forze democratic­he siriane (Sdf), e quelli che hanno già lasciato la città confusi tra le migliaia di civili evacuati dall’ormai ex “capitale” dell’Isis in Siria? Da mesi, da quando cioè il “Califfato” ha cominciato a prendere il controllo del territorio che occupava tra Siria e Iraq, la preoccupaz­ione degli apparati di sicurezza regionali, ma anche (o soprattutt­o) europei è stata quella di monitorare gli spostament­i dei miliziani fuoriuscit­i dai ranghi dell’Isis. La loro esperienza acquisita sul campo, e il risentimen­to generato dalla sconfitta, ne fanno potenziali temibili combattent­i sui fronti “domestici”. La priorità, fin dai giorni scorsi, era infatti quella di capire chi fossero i 275 jihadisti a cui è stato concesso di lasciare la città, accompagna­ti da circa 3’000 civili, in base ad un accordo tra le Sdf e l’Isis stesso, mediato dai capi dei clan tribali locali. Un’intesa sgradita ai comandi della Coalizione internazio­nale a guida americana, che però non vi si sono opposti, se non altro per ridurre al minimo possibile le vittime tra la popolazion­e civile, già decimata nei mesi scorsi dai combattime­nti e i bombardame­nti massicci della stessa Coalizione. Le Sdf hanno assicurato che i combattent­i evacuati sono solo siriani, e che tra loro non vi sarebbero “foreign fighters”, compresi quelli provenient­i dall’Occidente. Di altro avviso Omar Allush, un membro del Consiglio civile di Raqqa, secondo il quale “una parte degli stranieri sono partiti”. Non era chiaro, tuttavia, se si trattava di miliziani provenient­i da altri Paesi arabi o di europei che se riuscisser­o a fuggire potrebbero tornare a minacciare i Paesi d’origine.

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