Le contraddizioni della salute
Intervista a Giorgio Cosmacini, storico e filosofo della medicina, domani a Bellinzona
La medicina ha ancora a cuore la salute intesa come completo benessere dell’individuo?
Giorgio Cosmacini inaugurerà, domani sera alle 20.30 al Municipio di Bellinzona, il sesto ciclo di incontri ‘Prognosi e destino’ promosso dal liceo cittadino e dalla Fondazione Sasso Corbaro.
Professore, quali sono i paradossi della medicina contemporanea?
Siamo di fronte a una visione – giustamente! – ottimistica della medicina, la quale ci ha dato molto: ha migliorato la qualità della vita, ha aumentato la durata della vita, e ci promette tante belle cose… ma è proprio così? I mezzi della tecnica non solo assistono la salute, ma giovano, o promettono di giovare, al benessere e al ‘bellessere’. Ma c’è differenza tra salute e benessere!
Cioè?
L’Organizzazione mondiale della sanità, quando nel 1948 è stata istituita, ha definito la salute uno “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale”, ha cioè definito la salute, che è una realtà oggettivabile – tanto è vero che la visita dal medico inizia con un “esame obiettivo” – facendola coincidere con il benessere, una realtà soggettiva. È questo il paradosso: definire uno stato oggettivabile con una condizione soggettiva. In altre parole, la medicina deve tenere conto del soggetto, cosa che molto spesso ha trascurato di fare. Ha, per dirla in breve, guadagnato in tecnologia quello che ha perso in umanità.
Quindi, come dobbiamo considerare la definizione dell’Oms?
Ormai è anacronistica e inattuale, ma certo all’inizio ha formulato, o cercato di formulare, questa aspirazione a far coincidere oggettività e soggettività… Con il problema di quel “completo benessere”: richiedendo un perfetto equilibrio somatico, un agio psichico incontrovertibile e una soddisfacente condizione economico-sociale, quante persone possono davvero dirsi sane? È una definizione utopica, quasi una reminiscenza biblica: l’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, deve ambire alla perfezione come il suo creatore…
Come si manifesta questo paradosso?
Prendiamo il caso di un individuo la cui salute residua è ridotta al lumicino perché sta declinando verso il termine della propria esistenza, e che al mattino si alza e dice “oggi mi sento proprio bene”. Eppure sta morendo. Bisogna tenere conto di queste percezioni della salute e della malattia: un medico, se degno di questo nome, deve considerare questo aspetto che esula dai canoni della tecnomedicina ma che fa riferimento ai crismi di una medicina antropologica che non bisogna perdere e che, se perduta, bisogna recuperare. Altro paradosso ancora, quello che gli economisti chiamano il fallimento del successo. La medicina ingenera tante aspettative ma viene percepita negativamente, con le persone che si lamentano per come vengono accolte negli ospedali. C’è poi il paradosso dei “rendimenti decrescenti”: si dice che investendo più denaro nella medicina si ottiene una medicina migliore, ma non è vero, dopo una certa soglia non si produce maggior benessere, perché il problema non è soltanto economico. Ma non ci sono solo i paradossi: un altro tema importante è il senso del limite. Ci sono dei limiti fisiologici: non possiamo dirci più sani e più belli in ogni età della vita. La medicina, pur avendo fatto grandissimi progressi, non può dare tutto a tutti.
Ma oltre ai limiti scientifici ci sono anche quelli etici…
Certamente. C’è, in proposito, una bella frase di Norberto Bobbio: nella sua autobiografia il grande storico delle idee e filosofo morale scrisse che noi possiamo parlare di rivoluzione permanente perché in campo scientifico e tecnico la rivoluzione non smette mai, ogni giorno facciamo passi avanti e questo ci riempie di entusiasmo e meraviglia… però, sui problemi morali, noi continuiamo a interrogarci come duemilacinquecento anni fa, ai tempi di Ippocrate, di Socrate, di Pericle. I tempi in cui nasceva la medicina, nasceva il dialogo, nasceva la democrazia. Non possiamo rinunciare a questi valori portanti, neppure in medicina.
‘Ci sono dei limiti fisiologici: non possiamo dirci più sani e più belli in ogni età’