L’eversione quotidiana di Paolo Rossi
Prima di tutto, con Paolo Rossi c’è da intendersi su ciò di cui si sta parlando. Giovedì e venerdì alle 20.45 l’attore, comico, musicante italiano sarà al Teatro Sociale a Bellinzona con il suo nuovo spettacolo; che il Sociale annuncia come ‘L’intervista... a un anarchico gentile, i suoi dei, la rivoluzione e i cazzi suoi’, mentre Rossi presenta come ‘L’improvvisatore’, riprendendo un filone aperto recentemente. È lo stesso spettacolo? Sì, più o meno. E allora? «Mi capita spesso, perché i teatri richiedono la scheda dello spettacolo mesi prima, ma poi ci sono le prove, le non-repliche... In realtà la scheda andrebbe distribuita in sala e non sarebbe attendibile al 100 per centro». Dunque mettiamo da parte pure le note di regia. Dopotutto parliamo d’improvvisazione: «In Italia finì ai tempi di Goldoni, perché gli attori esageravano per strappare una risata. Poi è arrivato Pirandello con ‘Questa sera si recita a soggetto’, che per me fu la fine della pagina rigorosamente scritta. L’improvvisazione è un talento particolare che si sviluppa nel tempo, con l’esperienza, l’allenamento, la disciplina e l’ascolto, tanto ascolto del pubblico, dei compagni e di sé stessi. Per cui si diventa gentili e si dà un ordine all’anarchia». Ecco, tutto torna. Perché ha sentito il bisogno di tornare all’improvvisazione? «Perché io sento la storia per strada. Recentemente sono tornato nei locali di cabaret o teatro da camera, ed è stato molto importante perché spesso gli italiani quando riempiono i teatri o vanno in tv diventano snob. Mentre negli Stati Uniti in un locale di pochi metri quadri io ho visto Robin Williams: vuol dire che tu non solo ti rigeneri, non solo investi in un nuovo repertorio, ma riacquisti il polso della realtà. La storia è fatta a cicli e ora anche l’improvvisazione sta tornando a dei livelli qualitativi alti». Nell’industria culturale odierna l’improvvisazione è una forma di eversione? «Io non rincorro la cronaca, anche la cronaca politica è noiosa. Credo che la politica oggi sia nei piccoli gesti, nei fatti. Un esempio: ‘L’improvvisatore’ andrà in un teatro di periferia a Milano, poi forse nei cortili. Perché? Uno potrebbe fare un bel discorso per le periferie in un grande teatro, magari declinarlo in tv e quant’altro, ed essere apprezzato come attore impegnato, poi si mette in tasca i soldi e va in vacanza ai Caraibi. Invece, andare in periferia dalla gente che non può permettersi il teatro o che diffida, questo è per me è un atto politico. L’eversione è necessaria non solo a teatro, ma nei comportamenti quotidiani». CLO