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L’editoriali­sta di ‘Punt Avui’: chiamatela come volete, ma è una guerra

- Francesco Cerri/Ansa

Barcellona – “Non voglio fare paura a nessuno, ma dobbiamo mettere i piedi in terra, siamo in guerra”, avverte Jordi Panyella. La “guerra” di indipenden­za della Catalogna “è stata finora diversa dalle altre. Ma alla fine è una guerra”. Per l’analista di ‘Punt Avui’, con ‘Ara’ uno dei due grandi quotidiani catalanist­i, “molte evidenze” confermano questa constatazi­one. La più ovvia, al di là degli ultimatum reciproci che si sono lanciati negli ultimi

giorni Mariano Rajoy e Carles Puigdemont – “se dichiari l’indipenden­za ti commissari­o”, e “se mi commissari dichiaro l’indipenden­za” – a parere di Panyella è “la propaganda da tempo di guerra” che si è scatenata nelle ultime settimane fra Madrid e Barcellona. L’analista catalano rileva in Spagna “una deriva del mondo dell’informazio­ne, che ha smesso di spiegare la realtà in modo obiettivo per sostituirl­a con la propaganda”. Un fenomeno, sostiene, che coinvolge in primo luogo i principali organi di informazio­ne

di Madrid, i grandi giornali e la tv. “La prima battaglia di questa guerra si è combattuta il primo ottobre, nelle strade e nelle piazze di molte città della Catalogna. È stata una lotta impari fra uomini e donne disarmati con le braccia alzate in segno di pace contro un esercito di diecimila agenti della polizia militare e della polizia nazionale spagnole”. “Quello che si è letto, si è visto, si è sentito nei media spagnoli dopo i fatti di quel giorno – dice ancora Panyella – è comprensib­ile solo se si tiene conto di

questo stato di guerra, nel quale ci troviamo”. L’obiettivo della Spagna in questa guerra è chiaro, afferma: “Sconfigger­e il nemico, umiliare un paese, smembrare l’indipenden­tismo, mettere in prigione Sanchez, Cuixart (i leader indipenden­tisti Jordi Sanchez e Jordi Cuixart arrestati lunedì), il presidente catalano Carles Puigdemont e chiunque altro sia necessario. Non si rendono conto che dopo un Puigdemont, un Sanchez, un Cuixart, ne arriverann­o altri. E se cadono anche loro, ne verranno altri ancora”.

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KEYSTONE Il presidente

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