La rivolta degli ultraortodossi contro la leva
Tel Aviv – Almeno 120 ebrei ortodossi sono stati arrestati ieri a Gerusalemme nel corso di scontri con le forze dell’ordine, avvenuti nel “Giorno di rabbia” proclamato per protestare contro l’obbligatorietà del servizio militare anche per i “timorati”. Si tratta di una ennesima prova di forza tra la crescente parte di popolazione che aderisce ai dettami religiosi anche più stringenti, e lo stato ancora formalmente laico, ma pur retto da un governo
che si sostiene anche sul voto degli stessi religiosi (grazie a “concessioni” sempre più significative). Cuore della protesta sono stati i quartieri abitati dagli ultraortodossi. Strade bloccate, non solo in città, auto costrette a fermarsi dai dimostranti che spiegavano vivacemente i loro motivi, cassonetti dati alle fiamme, cartelli e slogan. Tra i fautori della protesta radicale che non riguarda l’intero mondo ortodosso ci sono i membri di un gruppo oltranzista di base a Gerusalemme che lotta
contro il sionismo e non riconosce lo stato di Israele. La protesta, che dura da settimane, non ha riguardato solo Gerusalemme, ma anche Beit Shemesh, e Safed, centro della mistica ebraica nel nord del paese. «Stiamo dimostrando – ha spiegato uno dei manifestanti, studente in una yeshiva (scuola religiosa), citato dai media – solo per una cosa: lo Stato di Israele vuole dissacrarci e non essere più Haredi. Combatteremo con ogni fibra del nostro essere. Siamo disposti ad accettare la morte prima di trasgredire.
Non molleremo e moriremo prima di raggiungere l’esercito». Esponenti della parte più oltranzista hanno fatto sapere che risponderanno di conseguenza “all’aumento significativo nella severità delle misure nei loro confronti”. Gli studenti delle yeshiva sono di fatto esonerati dal servizio militare, ma il rabbino Shmuel Auerbach, uno dei più oltranzisti, vieta loro anche l’ingresso negli uffici militari dove riceverebbero immediatamente l’esonero, per non riconoscere così alcun legame con “i sionisti”.