Da Tokyo a Hanoi per la thai boxe
Dopo sei mesi trascorsi in Giappone, Thomas Abati è partito alla volta del Vietnam, dove lavorerà per la Ufc
A 29 anni si è liberi di decidere di lasciare l’Europa per un viaggio di 8’884 km che permetta di rendere reale il sogno di una vita. Lo ha fatto Thomas Abati, torinese di nascita, ma molto legato al Ticino e a Bellinzona dove si è a lungo allenato. Ha preso armi e bagagli e, soprattutto, un volo per Hanoi, dove intende iniziare una nuova vita: quella di allenatore e di pugile di boxe thailandese. Un’esperienza che il giovane torinese sta vivendo da pochi giorni... «Per me si tratta di un’opportunità professionale senza precedenti – ci ha confidato il giorno prima di spiccare il volo –. Ad Hanoi sarò impiegato dalla Ufc, trademark che tratta arti marziali miste (dal ju jitsu alla muay thai, dallo judo a vari stili di pugilato). Ricoprirò il ruolo di responsabile per la boxe thailandese della loro palestra in loco, la UfcGym. Inoltre, rimarrò il punto di riferimento in Asia e, in particolare, nel SudEst asiatico per la Thai Boxing Bellinzona».
Sarà responsabile della palestra e combatterà nel circuito asiatico
Il ruolo di istruttore non sarà l’unico per Thomas Abati... «Alternerò l’insegnamento alla pratica. L’obiettivo è di conquistare una cintura a livello asiatico e, magari, al di fuori del Vietnam. Ho inoltre intenzione di riprendere con il pugilato vero e proprio. I prossimi 12 mesi saranno una full immertion nella muay thai e nel pugilato, sia nel ruolo di allenatore, sia in quello di combattente». Con la speranza di farsi strada a livello internazionale... «La boxe thailandese propone diverse federazioni che purtroppo, a differenza di quanto avviene nel pugilato, non sono unificate. In Vietnam dovrò puntare in particolare al titolo nazionale, ma
Thomas Abati in compagnia del maestro Sarayu Manighetti della Tahi Boxing Bellinzona
grazie ai contatti instaurati negli scorsi anni e soprattutto all’interessamento del maestro Sarayu Manighetti del Thai Boxing Bellinzona, conto di viaggiare parecchio in altri Paesi asiatici, ad esempio il Giappone, per disputare combattimenti per federazioni più importanti». E proprio il Giappone è un Paese che Abati conosce molto bene, avendovi trascorso sei mesi ad allenare e a combattere... «Sono rientrato non molto tempo prima di ricevere l’ok per il Vietnam. È stata un’esperienza molto interessante, ho dovuto abituarmi a una cultura nuova, apprendere
una lingua sconosciuta. A dire il vero – e può sembrare un paradosso –, il mio thailandese scritto e parlato è migliorato in maniera sensibile proprio vivendo in Giappone. Infatti, tutti i miei colleghi allenatori erano thailandesi, per cui ho avuto la possibilità di praticare la lingua». Anche nel paese del Sol Levante Abati ha svolto il doppio ruolo di allenatore e sportivo attivo... «A differenza di quanto si potrebbe essere indotti a pensare, la boxe thailandese in Giappone è una disciplina estremamente sviluppata. Io mi preparavo per i combattimenti
con maestri thailandesi, poi insegnavo a ragazzini giapponesi. Se si ha la possibilità di trascorrere parecchio tempo a Tokyo e si riesce a guadagnare posizioni nel ranking, i combattimenti più importanti mettono in palio una borsa decisamente consistente. Insomma, la mia è stata un’esperienza coinvolgente che spero possa ripetersi in Vietnam, nazione che non conosco, ma della quale mi hanno parlato tutti in modo più che positivo. Prima di firmare il contratto, mi sono dovuto sottoporre a tre colloqui con la sezione “risorse umane” dell’Ufc, la quale evidentemente voleva essere sicura di non prendere un granchio. Hanno visualizzato i miei video e sono giunti alla conclusione che il mio era il profilo ideale. E così, eccomi qui». Il contratto con la Ufc porta sui prossimi dodici mesi, ma potrebbe pure essere prolungato... «Potrebbe diventare il lavoro della mia vita, per quanto non bisognerebbe mai dire mai. Comunque, grazie alle mie capacità e soprattutto ai buoni uffici del maestro Sarayu, sono riuscito a tramutare un sogno in realtà, quella che era la mia passione in una professione».