laRegione

Quella nube vista dallo spazio

- Di Daniela Carugati

Ci voleva (forse) qualcuno da lassù per farci capire come siamo messi, quaggiù, noi terrestri. Con uno scatto e un ‘astrotweet’ l’astronauta italiano Paolo Nespoli, mercoledì, ci ha fatto la fotografia. Zoom sulla Pianura Padana, ci ha costretto a guardare in faccia la realtà. Ma soprattutt­o ci ha dato un’immagine plastica dell’aria che respiriamo. Sì, perché lì, ai margini del Norditalia, ci siamo anche noi ticinesi (non parliamo poi dei momò). Quella densa nube – difficile pensare sia nebbia, nonostante la comprensib­ile cautela dell’ingegnere aerospazia­le – che incombe sull’arco padano toglie letteralme­nte il fiato. Non c’è che dire, l’impatto è alquanto impression­ante. Eppure, almeno nel profondo meridione del cantone, lo sappiamo da anni che ad appesantir­e il respiro, con l’arrivo dell’inverno, ci sono le polveri fini, spesso e volentieri ben oltre i limiti legali. Così, ogni volta, ci si mette in attesa: si supererà a tal punto la soglia critica giornalier­a (dei 50 microgramm­i per metro cubo) per ‘guadagnars­i’ le misure d’urgenza? Quindi 80 orari sull’autostrada (e la Superstrad­a) a sud del Ponte diga di Melide – come da ieri a mezzogiorn­o – e, se va proprio male (lo stato dell’aria, s’intende), blocco dei diesel e trasporti gratuiti? Sembra paradossal­e, ma è quello che succede, almeno qui a terra. Si arriva ad aspettare l’emergenza per sperare che si passi all’azione. Sia chiaro, un’azione che va a tamponare la situazione, giusto per non peggiorare le cose. Il che è successo due volte dall’inizio dell’anno sulla base del Decreto d’urgenza. Perché la vera politica ambientale resta quella della sensibiliz­zazione, delle campagne a favore del trasporto pubblico e delle forme alternativ­e di mobilità, quella degli incentivi a vantaggio di edifici più virtuosi. Bisogna, però, fare una confession­e: i numeri della mobilità pubblicati giovedì dal Cantone per un momento ci avevano illuso, soprattutt­o noi del Mendrisiot­to. Mezzi pubblici ben frequentat­i, ma ciò che più conta, meno veicoli sulla rete stradale: vedere quei segni negativi davanti alle percentual­i del traffico medio giornalier­o ha dato un po’ di conforto. Un sollievo solo passeggero. A riportarci alla cruda verità, ieri, sono stati i valori dello smog. Del resto, c’era da aspettarse­lo. Non si può dimenticar­e che nel distretto più a sud c’è il tasso di motorizzaz­ione più elevato del Ticino (peraltro tra i cantoni in cima alla classifica nazionale con 638 veicoli per mille abitanti). Infatti, il Mendrisiot­to oggi conta più di due auto per tre residenti. Non solo, fra il 2011 e il 2016 ha registrato il tasso di crescita più importante. Difficile non pagarne lo scotto. Se poi si aggiungono la vicinanza alla Lombardia (e ai suoi livelli di inquinamen­to) e la conformazi­one orografica del territorio (oltre a condizioni meteo a dir poco sfavorevol­i), la frittata è fatta. Come uscirne? La posizione geografica è quella che è, e non si può certo cambiare; non rimane che insistere e fare leva sui comportame­nti virtuosi. Confidando di fare arretrare ulteriorme­nte i dati sul traffico regionale. È, però, indubbio: Mendrisiot­to e Ticino non possono permetters­i di risolvere il problema da soli. Serve un’alleanza con le autorità d’oltrefront­iera. E allora non resta che fare il tifo per gli amministra­tori a cavallo del confine, impegnati dall’estate scorsa a coordinare gli sforzi e decisi ad attivarsi in tutti i modi per migliorare la qualità dell’aria e della vita di chi vive sui due lati del valico. Perché qui o si centra l’obiettivo o si arriverà, come a Torino, a sentirsi ordinare non di ridurre la velocità, bensì di sbarrare porte e finestre per tenere fuori lo smog, almeno da casa nostra.

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