Civica, storia…
Nello scorso settembre elettrici ed elettori ticinesi hanno approvato l’introduzione della civica (…)
Segue dalla Prima (...) come nuova materia nelle scuole medie. Quale sarà il contenuto del nuovo insegnamento? C’è da sperare che non si andranno ad annoiare gli allievi con i nomi dei consiglieri federali mandati a memoria. E soprattutto che non si dimentichi la storia, che in realtà fa parte di ogni dibattito civile e politico contemporaneo. In effetti i grandi dibattiti politici degli ultimi decenni sono regolarmente stati accompagnati da controversie a proposito della storia nazionale. 15 anni fa veniva pubblicato il rapporto della Commissione indipendente di esperti sulla storia della Svizzera durante la Seconda guerra mondiale, perlopiù ricordato per semplicità come “Rapporto Bergier”, dal nome del suo presidente. Una sintesi di tale rapporto, a cura del giornalista Pietro Boschetti, è stata recentemente tradotta in italiano dall’editore Giampiero Casagrande. La pubblicazione dei risultati nel 2002 fu accompagnata da dibattiti e virulente polemiche, più ideologiche che storicamente fondate. Ciò malgrado, tale conflitto ha cambiato profondamente la visione del passato della Svizzera e posto nuove basi per le discussioni politiche attuali. Un risultato di grande importanza, se è vero che uno Stato forte ed equilibrato deve basarsi su una visione equilibrata e realistica del suo passato.
La Cie, la crisi e la storia svizzera
Negli anni 90 la Svizzera si ritrovò vittima del proprio passato. All’epoca furono gli attacchi delle associazioni ebraiche, sostenute da ambienti politici statunitensi, ad aprire una delle più profonde crisi in cui la Confederazione si è trovata coinvolta recentemente. Sotto accusa l’atteggiamento del nostro paese durante la Seconda guerra mondiale; benché in realtà all’origine ci sia stato il cocciuto rifiuto delle banche elvetiche di rivelare la verità riguardo ai fondi ebraici realmente in giacenza nelle loro casseforti. La crisi degli anni 1995-97 ha rivelato il co- sto di tale autoillusione, sia in termini monetari – si pensi ai miliardi poi pagati dalle banche – sia in termini di credibilità internazionale del paese. Ma è stata anche l’occasione di una coraggiosa rimessa in questione del passato nazionale, che ha poi condotto al rapporto Bergier. Una commissione di storici sia svizzeri che esteri, coadiuvata da una schiera di ricercatori, ha avuto accesso quasi illimitato a tutti gli archivi pubblici e privati ed ha riesaminato a fondo l’atteggiamento della Svizzera durante la Seconda guerra mondiale. Nella misura in cui i risultati hanno messo in mostra lacune, debolezze, mancanze delle autorità, così come degli ambienti politici ed economici, essi non sono piaciuti a tutti, ed hanno dato adito a vivaci dibattiti.
Il nuovo Kulturkampf
Tali polemiche si inserivano d’altronde in una serie di conflitti culturali e politici, che hanno avuto spesso uno schema ricorrente. Essi hanno caratterizzato una nuova fase storica, apertasi dopo la caduta del muro di Berlino – nel 1989 – e contrassegnata in Svizzera dalla crescita spettacolare di una destra nazionalista e in parte populista: l’Udc, di Christoph Blocher. In questo periodo ebbero luogo diverse votazioni di importanza cruciale per il futuro del paese, dalla votazione sullo spazio economico europeo – del 1992 – a quella sull’iniziativa contro l’immigrazione di massa, del febbraio 2014. E regolarmente, le votazioni sui grandi temi hanno visto in campo due schieramenti fondamentalmente opposti, che potremmo definire schematicamente come il fronte dei patrioti-identitari contro quello dei progressisti-globalizzanti. Entrambi gli schieramenti si basano su differenti visioni della storia. Il paradigma nazionaleidentitario, in particolare, si fonda su un’evidente idealizzazione del passato nazionale, sempre più criticata dagli storici di professione. I pilastri di tale interpretazione sono l’idea della Svizzera come caso particolare della storia – il cosiddetto “Sonderfall” – caratterizzato da una democrazia quasi perfetta e dalla neutralità armata – eroicamente difesa durante la Seconda guerra mondiale. Contro tali idealizzazioni, storici, intellettuali e una parte del centrosinistra hanno perlopiù reagito con un certo spirito missionario, cercando di smontare punto per punto i grandi miti, dimostrandone l’infondatezza storica.
Il dialogo inevitabile
È stato probabilmente un errore, che ha paradossalmente servito a dare spazio e risalto mediatico a vecchie tesi, propagate soprattutto dai corifei dell’Udc, i quali hanno colto la palla al balzo per sbandierare la minaccia di tradimento ai valori nazionali. In effetti – e questo è stato spes- so sottovalutato – si tratta di una questione che non si risolve intellettualmente o ideologicamente, poiché contiene evidenti e potenti risvolti emozionali. In questo senso il rapporto Bergier, grazie anche al carattere ufficiale ed eccezionale della sua composizione e della sua missione, ha seguito un’altra via, senza attaccare frontalmente le concezioni tradizionali della storia del XX secolo, ma cercando di mediare fra diverse possibili interpretazioni della storia e di creare un dialogo. Nonostante le polemiche iniziali, oggi in gran parte sopite, le tesi centrali del rapporto, non possono più essere seriamente rimesse in discussione. Per tale motivo, il documento rappresenta un notevole contributo ad un’immagine più realistica e concreta del passato nazionale e quindi del nostro essere in quanto Stato e nazione. Non da ultimo per le scuole. Un buon insegnamento per i programmi di civica.