Il prossimo secolo della Camera di commercio
La Camera di commercio ha celebrato il suo primo secolo di vita invitando a ripensare la società
Il presidente Glauco Martinetti ha ricordato come la libertà economica sia un diritto di tutti e non un privilegio per i disonesti
L’anno scorso la provocazione lanciata dal presidente Glauco Martinetti all’assemblea della Camera di commercio fu: “Mobili... malgrado la politica”. Quest’anno ha rilanciato con “Sempre mobili... malgrado tutto”. Un modo per ribadire che l’impegno della Camera di commercio da cento anni è proprio quello di continuare a lavorare nell’interesse delle imprese e del territorio. «E questo malgrado i cambiamenti, anche repentini, del contesto in cui le aziende sono chiamate a operare», ha affermato
Glauco Martinetti. Ma cosa si intende per mobilità? In un periodo storico caratterizzato dalla trasformazione digitale, la mobilità è intesa come capacità di reazione ai cambiamenti per tutti i soggetti coinvolti. «Non si tratta di adattare il modelli di business, ma anche di ripensare il funzionamento stesso della società. E questo richiede a tutti gli attori (Stato, aziende, sindacati, partiti, media e cittadini) una disponibilità al dialogo che permette di trovare nuovi paradigmi sociali», ha continuato Martinetti che ha fatto notare come l’attuale Legge federale sul lavoro sia nata in un’epoca storica molto differente dall’attuale ed è in parte superata. «Molti modelli di lavoro oggi sono incompatibili con tale legge e non lo diciamo per avallare abusi – che abbiamo sempre combattuto – ma per sottolineare il particolare contesto storico». Ed è per questa ragione che Martinetti ha sottolineato ancora una volta la tutela del principio della libertà economica e imprenditoriale sancita dall’articolo 27 della Costituzione federale. «La libertà economica è un diritto di tutti e non un privilegio per i disonesti ed è un tassello fondamentale per il benessere generale». «D’altra parte – ha continuato il presidente della Camera di commercio – tale libertà non significa anarchia e chi non rispetta le regole va sanzionato, senza se e senza ma». «Proprio per questo non accettiamo che tale principio costituzionale venga subordinato ad altre norme inutilmente restrittive», ha affermato. La negazione di una libertà costituzionale, ha continuato, significa negare l’esistenza stessa della Svizzera e di riflesso del Ticino i quali «non hanno bisogno di illegalità, di misure arbitrarie, di burocrazia asfissiante e punitiva. Si tratta né più né meno di avere un comportamento sostenibile o, per usare un altro termine ancora più forte, etico». Una richiesta fatta alle imprese ed estesa a tutti: politici, sindacati e cittadini oltre a un forte appello ai valori svizzeri quali il federalismo, il principio di legalità, la pace sociale e la concordanza.