Materiale bellico, legge inviolata
Assolto il 52enne imprenditore domiciliato nel comune di Riviera per i cannocchiali destinati in Iran Per il Tpf è invece colpevole di infrazione della normativa sul controllo dei beni utilizzabili a fini civili e militari per l’esportazione di accessori
Riconosciuto colpevole di infrazione della Legge federale sul controllo dei beni utilizzabili a fini civili e militari, ma prosciolto dall’altra accusa, più pesante, mossagli dal Ministero pubblico della Confederazione: quella di aver violato la Legge federale sul materiale bellico. Arnaldo La Scala potrebbe vedere nel verdetto il bicchiere mezzo pieno. Ma così non è. Perlomeno stando a ciò che a caldo dichiara avvicinato dai giornalisti. «Mi consulterò con un legale e poi deciderò se ricorrere al Tribunale federale. Continuo a sostenere di non aver infranto nessuna legge. Sono stato travolto da una vicenda giudiziaria che ha messo economicamente in ginocchio il sottoscritto e le sue società: da quando è nata questa storia le banche sono molto diffidenti nei miei confronti», afferma il 52enne imprenditore ticinese domiciliato nel comune di Riviera, commentando la sentenza appena pronunciata dal giudice Giuseppe Muschietti del Tribunale penale federale. Originario di Ginevra, La Scala si è materializzato al Tpf di Bellinzona mercoledì 13 settembre, quando si è aperto il processo a suo carico, e ieri, giorno della lettura del verdetto, dopo essersi opposto al decreto d’accusa con cui la Procura gli rimproverava di aver infranto, tra il 2007 e il 2008, due normative federali. Ovvero la Legge sul materiale bellico, per aver, privo della necessaria autorizzazione rilasciata dalla Svizzera (dalla Seco), fatto transitare dal punto franco di Cadenazzo e da quello di Ginevra cannocchiali di puntamento per fucili provenienti dall’Italia con destinazione l’Iran. E la Legge sul controllo dei beni utilizzabili a fini civili e militari, per l’esportazione dal punto franco di Chiasso, anche in questo caso senza autorizzazione, di materiale per immersioni subacquee, con destinazione gli Emirati Arabi Uniti. Di qui la proposta di condanna formulata dal Ministero pubblico della Confederazione: una pena pecuniaria (posta al beneficio della condizionale per un periodo di prova di due anni) di trenta aliquote giornaliere, ciascuna di trenta franchi. La Corte del Tribunale penale federale ha però ridimensionato imputazioni e sanzione contenute nel decreto della Procura. La Scala è stato così assolto dal reato di infrazione della Legge sul materiale bellico: «Non si poteva escludere un uso civile» delle ottiche di puntamento, ha osservato fra l’altro il giudice (unico) Muschietti. È stato invece ritenuto colpevole di infrazione della Legge federale sul controllo dei beni utilizzabili a fini civili e militari in relazione agli accessori per sub. Il 52enne è stato quindi condannato a dieci aliquote giornaliere, ognuna di 30 franchi: la pena pecuniaria, sulla
commisurazione della quale ha inciso anche «il lungo tempo trascorso dai fatti», è stata sospesa condizionalmente: di due anni il periodo di prova fissato dal giudice. Pena pecuniaria «complementare» a quella per violazione della Legge sulla circolazione stradale irrogata nel 2009 all’imprenditore.
La vertenza si chiude qui o approderà a Mon Repos? «Valuterò», ribadisce La Scala. «Ho venduto sei giubbotti per sub con respiratore a un cittadino italiano che avrebbe dovuto rivenderli a Dubai a una compagnia petrolifera, giubbotti però che non hanno mai lasciato la Svizzera. Tutto qui», dice ai cronisti l’imprenditore di Cresciano sempre con riferimento al reato di cui è stato riconosciuto colpevole, cioè l’infrazione della Legge federale sul controllo dei beni utilizzabili a fini civili e militari. «L’inchiesta italiana contro di me? Il processo – ricorda il 52enne – è tuttora in corso». E, continua, «sono fiducioso».