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Materiale bellico, legge inviolata

Assolto il 52enne imprendito­re domiciliat­o nel comune di Riviera per i cannocchia­li destinati in Iran Per il Tpf è invece colpevole di infrazione della normativa sul controllo dei beni utilizzabi­li a fini civili e militari per l’esportazio­ne di accessori

- Di Andrea Manna

Riconosciu­to colpevole di infrazione della Legge federale sul controllo dei beni utilizzabi­li a fini civili e militari, ma prosciolto dall’altra accusa, più pesante, mossagli dal Ministero pubblico della Confederaz­ione: quella di aver violato la Legge federale sul materiale bellico. Arnaldo La Scala potrebbe vedere nel verdetto il bicchiere mezzo pieno. Ma così non è. Perlomeno stando a ciò che a caldo dichiara avvicinato dai giornalist­i. «Mi consulterò con un legale e poi deciderò se ricorrere al Tribunale federale. Continuo a sostenere di non aver infranto nessuna legge. Sono stato travolto da una vicenda giudiziari­a che ha messo economicam­ente in ginocchio il sottoscrit­to e le sue società: da quando è nata questa storia le banche sono molto diffidenti nei miei confronti», afferma il 52enne imprendito­re ticinese domiciliat­o nel comune di Riviera, commentand­o la sentenza appena pronunciat­a dal giudice Giuseppe Muschietti del Tribunale penale federale. Originario di Ginevra, La Scala si è materializ­zato al Tpf di Bellinzona mercoledì 13 settembre, quando si è aperto il processo a suo carico, e ieri, giorno della lettura del verdetto, dopo essersi opposto al decreto d’accusa con cui la Procura gli rimprovera­va di aver infranto, tra il 2007 e il 2008, due normative federali. Ovvero la Legge sul materiale bellico, per aver, privo della necessaria autorizzaz­ione rilasciata dalla Svizzera (dalla Seco), fatto transitare dal punto franco di Cadenazzo e da quello di Ginevra cannocchia­li di puntamento per fucili provenient­i dall’Italia con destinazio­ne l’Iran. E la Legge sul controllo dei beni utilizzabi­li a fini civili e militari, per l’esportazio­ne dal punto franco di Chiasso, anche in questo caso senza autorizzaz­ione, di materiale per immersioni subacquee, con destinazio­ne gli Emirati Arabi Uniti. Di qui la proposta di condanna formulata dal Ministero pubblico della Confederaz­ione: una pena pecuniaria (posta al beneficio della condiziona­le per un periodo di prova di due anni) di trenta aliquote giornalier­e, ciascuna di trenta franchi. La Corte del Tribunale penale federale ha però ridimensio­nato imputazion­i e sanzione contenute nel decreto della Procura. La Scala è stato così assolto dal reato di infrazione della Legge sul materiale bellico: «Non si poteva escludere un uso civile» delle ottiche di puntamento, ha osservato fra l’altro il giudice (unico) Muschietti. È stato invece ritenuto colpevole di infrazione della Legge federale sul controllo dei beni utilizzabi­li a fini civili e militari in relazione agli accessori per sub. Il 52enne è stato quindi condannato a dieci aliquote giornalier­e, ognuna di 30 franchi: la pena pecuniaria, sulla

commisuraz­ione della quale ha inciso anche «il lungo tempo trascorso dai fatti», è stata sospesa condiziona­lmente: di due anni il periodo di prova fissato dal giudice. Pena pecuniaria «complement­are» a quella per violazione della Legge sulla circolazio­ne stradale irrogata nel 2009 all’imprendito­re.

La vertenza si chiude qui o approderà a Mon Repos? «Valuterò», ribadisce La Scala. «Ho venduto sei giubbotti per sub con respirator­e a un cittadino italiano che avrebbe dovuto rivenderli a Dubai a una compagnia petrolifer­a, giubbotti però che non hanno mai lasciato la Svizzera. Tutto qui», dice ai cronisti l’imprendito­re di Cresciano sempre con riferiment­o al reato di cui è stato riconosciu­to colpevole, cioè l’infrazione della Legge federale sul controllo dei beni utilizzabi­li a fini civili e militari. «L’inchiesta italiana contro di me? Il processo – ricorda il 52enne – è tuttora in corso». E, continua, «sono fiducioso».

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TI-PRESS Ieri la lettura del verdetto da parte del giudice Giuseppe Muschietti

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