Nelle urne lo spot lombardoveneto
Milano – Volete che la Lombardia e il Veneto diventino regioni autonome? Sìii. E sapete che cosa significa essere regioni autonome? Tenerci i nostri danèe, i nostri schèi. L’argomento non fa una piega; farebbe ridere, se non fosse desolante. Andrà in scena domani, al costo di qualche milione di euro, la pièce ideata dalla Lega Nord per risollevare il morale delle truppe, abbattuto dall’infelice vecchiaia di Bossi e dalla conversione fascio-italica di Salvini. Il caso benevolo ha fatto sì che la consultazione lombardo-veneta cadesse venti giorni dopo quella catalana, alimentando così un afflato da orgoglio micropatriottico nei cuori più sensibili e inavvertiti, necessario a mascherare la natura di messinscena della chiamata alle urne. Il referendum è infatti meramente consultivo; il suo risultato non vincola le istituzioni in alcuna misura; e il suo quesito concerne una decisione che i consigli regionali potrebbero serenamente adottare di propria iniziativa. Quella cioè – già prevista dalla famigerata Costituzione della repubblica italiana – di attivare un negoziato con il governo per diventare regione a statuto speciale (che, anche nell’ipotesi più favorevole, giungerebbe al termine di un lungo processo di revisione costituzionale, quando Maroni e Zaia si starebbero ormai godendo il cospicuo vitalizio da ex ministri ed ex presidenti di regione). Indipendenza? Secessione? Catalogna? No: propaganda. Avvelenata, oltretutto, titillando essa le pulsioni separatiste lombardovenete, sulle quali si sono accomodati quasi tutti gli altri partiti, inseguendo miserabili voti, ché tali li ha ridotti un ceto politico sciagurato. I Cinque Stelle, piccandosi di essere diversi e migliori; i berluscones sperando di convincere Salvini ad allearsi con il loro incandidabile capo alle prossime politiche; il Pd perché... Il Pd? ma c’è ancora? Poi, vedi come vanno le cose: in Catalogna, il ministro degli interni spagnolo ha inviato la polizia, per impedire il referendum. Quello italiano ha mandato a Roma e Venezia il conto delle spese di sicurezza. L’oppressione dello stato centralista.