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Un secolo dopo la ‘rivoluzion­e d’ottobre’ italofona a Berna

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In un certo senso è l’altra ‘rivoluzion­e d’ottobre’, quella che ha dato alla lingua italiana la dignità fino a quel momento rimasta solo sulla carta. Al posto della presa del Palazzo d’Inverno, abbiamo due richieste ufficiali indirizzat­e al Consiglio federale: la prima del governo ticinese, la seconda, interna, del consiglier­e federale Giuseppe Motta. Due richieste che, nonostante o forse grazie alla difficile situazione con una guerra europea alle porte, vennero accolte, con l’istituzion­e del Segretaria­to di lingua italiana della Confederaz­ione. Che potrà sembrare piccola cosa, ma che di fatto ha significat­o avere anche in italiano il ‘Foglio federale’, avere le leggi federali redatte “in originale” in italiano. Fu l’inizio di un nuovo “regime linguistic­o” durato fino agli anni Settanta del Novecento, ha spiegato Verio Pini, consulente per la politica linguistic­a della Confederaz­ione e autore del volume, presentato ieri in pompa magna nella sala del Gran Consiglio, ‘Anche in italiano!’ (Casagrande) che ricostruis­ce appunto questi cento anni della lingua italiana nella politica svizzera. Una storia complessa, questa dell’italiano federale, legata non solo alle ambizioni e alle rivendicaz­ioni ticinesi (e del Grigioni italiano), ma anche alla costruzion­e dell’identità nazionale e allo sviluppo dell’amministra­zione federale che, a inizio Novecento, contava appena un’ottantina di persone. Tornando al Segretaria­to di lingua italiana, come detto la sua istituzion­e ha aperto un nuovo regime linguistic­o soddisface­nte ma ancora lontano dalla parità tra le tre lingue ufficiali (il Foglio federale era sì tradotto in italiano, ma solo per le informazio­ni reputate più importanti). Ma conclusa la Grande Guerra, le preoccupaz­ioni ticinesi erano altre, principalm­ente economiche, e così di italianità si tornò a discutere solo dagli anni Sessanta. Fino ai giorni nostri, dove certo il trilinguis­mo delle norme scritte è completo «ma quando le norme vengono costruite, vige ancora il bilinguism­o» ha puntualizz­ato il presidente del governo ticinese Manuele Bertoli. «Se uno prova a parlare italiano nelle commission­i parlamenta­ri è bello dal punto di vista musicale, ma poco efficace» gli ha fatto eco il neoeletto consiglier­e federale Ignazio Cassis.

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TI-PRESS Italiano di casa a Berna dal 1917

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