Prima chiamata Austin
In Texas, domani, Lewis Hamilton e la sua Mercedes possono celebrare il titolo con tre gare d’anticipo
Prima la pioggia, poi un po’ di sole giusto per scombinare un poco le carte. Su un tracciato di Austin che si presenta come quello su cui Lewis Hamilton può laurearsi campione del mondo con tre gare di anticipo. Scenario, questo, che gli permette una perfetta gestione dello stress. Mentre la Ferrari non può fare altro che cercare di inseguire, vincere e sperare in un ritiro. Infatti sa perfettamente che arrivare sempre primi e secondi non servirebbe a nulla. E intanto a Maranello si sono consumate molte rese dei conti e chiarimenti. Interessante annotare il comportamento tenuto da Marchionne, che ha ritenuto importante non danneggiare la Ferrari in borsa, dopo le (molte) brutte figure rimediate. Sulla partenza di Arrivabene a fine stagione vi è oramai certezza. Resta però il ‘toto-nomina’, e si possono attendere anche sorprese, come quella della signora Maria Mendoza – studi a Saragozza, in Fca dal 2012 –, che ora è la persona deputata a mettere in fila la qualità dei fornitori della Ges. Ruolo difficile, peraltro, visti i recenti risultati.
‘Da quando lavoro con lui non l’ho mai visto tanto potente’, dice Toto Wolff
Tornando alle Frecce d’Argento, ha suscitato un po’ di sorpresa il modo in cui Hamilton si è posto nella conferenza stampa del giovedì. Un attacco chiaro, e deciso, a Donald Trump, a totale difesa del campione di football che aveva dato il là alla serie di ‘inchini’ di protesta degli sportivi contro l’attuale presidente degli Stati Uniti, che ha colpito molti giornalisti. Un modo diretto di parla-
re che è proprio di Lewis, specie ora che appare sempre più concentrato, senza più Rosberg a impensierirlo. In settimana Toto Wolff, il team manager della Mercedes, aveva affermato a un settimanale che «Hamilton è in forma come non mai, è sereno e da quando lavoro con lui non l’ho mai visto così ‘potente’». Un’anticipazione interessante su quanto possiamo attenderci in tarda serata domani: come dire che le distrazioni del britannico sono poco probabili, anche di fronte alla pressione portata dalla certezza che nella prestazione in
gara – non nel giro secco, per ora – la Ferrari lo abbia raggiunto, con Vettel che, a sua volta, è molto motivato. Wolff, però, nel profondo teme la ‘sindrome Alonso’, quella che fece perdere all’asturiano due Mondiali già vinti a causa di errori della Ferrari a livello di gestione della strategia della squadra. Un vero harakiri quello di allora, ripetuto in questa stagione. E quando Wollf dice di essere «allibito da come la Ferrari in questa stagione non solo abbia recuperato, ma su alcuni circuiti ci abbia meritatamente battuti», simili parole devono essere ancor più dolorose per il quattro volte campione del mondo. Due notizie per chiudere. Ieri Verstappen ha siglato il contratto che lo lega fino al 2020 alla Red Bull, spegnendo l’avvicinamento dei team che stanno davanti nel Mondiale. Una decisione interessante da parte dell’olandese, in un mondo – però – noto per le profumate penali per le rotture contrattuali. E se Verstappen ha deciso di rimanere, significa che Helmut Marko e Chris Horner gli hanno presentato un buon potenziale di sviluppo da avergli fatto pensare di vincere il Mondiale. Se pensiamo al tema dei motori e dello sviluppo propulsori, insomma, Red Bull sarà dunque da seguire. Ieri, poi, è proseguita la prova dei guanti biometrici per i piloti: dotati di un sensore palmare, rilevano ossigeno e pressione sanguigna in tempo reale, in modo da poter iniziare uno studio medico attento della loro situazione clinica sotto pressione in gara. Un progetto fortemente voluto dal dipartimento medico della Fia e che spinge la Formula 1 ancor più avanti nel futuro.