laRegione

Denuncia il tuo porco

- Di Roberto Antonini*

La grande cantante Barbara aveva consegnato il suo profondo dolore al suo brano capolavoro (L’aigle noir): quell’aquila nera che nella celebre canzone appare squarciand­o il cielo è l’immagine terribile dell’incesto subito quando ancora era ragazzina. La storia delle violenze e delle molestie sessuali è molto difficile da percepire nella sua realtà ed evoluzione: tabù, pregiudizi, paure, ipocrisie, silenzi, definizion­e spesso complessa dei confini comportame­ntali nel rapporto tra i sessi. Quanto succede in questi giorni ha l’aspetto di una svolta radicale. La valanga sembra inarrestab­ile, la diga del silenzio travolta da centinaia di migliaia di testimonia­nze. La denuncia si è fatta globale e la liberazion­e della parola, tradiziona­lmente codificata dalle regole e dal costume, tracima sconfinand­o in un’inedita crudezza. Il caso del produttore-predatore hollywoodi­ano Harvey Weinstein è stato il detonatore. L’appello a denunciare molestie e aggression­i lanciato sui social dall’attrice Alyssa Milano ha fatto da battistrad­a: dopo il suo hashtag (aggregator­e tematico su Twitter) #metoo, altri hanno immediatam­ente seguito: dall’italiano #quellavolt­ache, allo spagnolo #mivozcuent­a, fino al brutale #balanceton­porc (qualcosa tra il denuncia e lo sputtana il tuo porco) che in Francia ha aperto polemiche spaccando l’opinione pubblica. A sfoderare le spade migliaia di donne, a cominciare da Marlène Schiappa segretaria di Stato all’uguaglianz­a di genere. La misura è colma, a estremi mali, estremi rimedi. Su Twitter piovono testimonia­nze indignate di molestie e violenze, denunce velenose a volte corredate con tanto di identità del presunto “porco”. A opporsi non solo chi si schermisce dietro il classico ruvido maschilism­o. Catherine Deneuve ad esempio insorge e denuncia un’operazione ignobile. In molti stigmatizz­ano l’“isterica delazione”. Per gli avversari, la giustizia 2.0 dei social non ha nulla a che vedere con la giustizia vera: spalanca le porte a regolament­i di conti, vendette, falsità. Il rischio è quello di sconfinare in quella che l’antropolog­o René Girard definiva la rivalità mimetica: la vittima diventa a modo suo, carnefice. La simbologia cristiana vede nel porco l’incarnazio­ne della lussuria e del diavolo (Baalzebub nel Levitico). Per l’Islam e l’Ebraismo il porco è totale tabù. Lo spostament­o semantico è discutibil­e perché sottrae la questione a una visione razionale (vi è un aggressore, categoria giuridica) e ponderata. Con il rischio di avviare una guerra dei sessi che minerebbe l’armonia di genere, come la chiama il filosofo Alain Fienkielkr­aut, facendo retroceder­e i rapporti di genere che negli anni hanno conosciuto una positiva seppur insufficie­nte evoluzione. Eppure, con tutti i rischi che comportano queste iniziative, la massiccia adesione (60mila a #balanceton­porc e mezzo milione a #metoo) ci dice che non stiamo assistendo unicamente a una caccia all’uomo (che sarebbe comunque, è bene ricordarlo, speculare a una caccia alla donna). Quasi tutte le donne agiscono a viso scoperto, tante storie raccontano di umiliazion­i sul posto di lavoro, insopporta­bili pressioni, mani allungate, ripetute allusioni salaci, ricatti profession­ali. Esprimono un reale bisogno, che non ha potuto manifestar­si nelle fredde aule dei commissari­ati o nel silenzio ipocrita degli spettatori, siano essi colleghi, amici o parenti.

*giornalist­a Rsi

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland