Attenti a quei freni
In aumento gli incidenti legati all’utilizzo di biciclette elettriche. Gazzola (Tcs): ‘Potenza sottovalutata’
‘Anche se a disco non sono proporzionati’. Protezione scarsa e indisciplina le altre ragioni di cadute e collisioni.
Una forma di trasporto sempre più gettonata tra pendolari, famiglie e anziani, soggetta però di riflesso a un numero di incidenti in rialzo. Nel primo semestre del 2017 è infatti pari a 98 il numero di feriti gravi legati all’utilizzo di biciclette elettriche sul territorio nazionale, 18 in più rispetto al 2016. «Anche in Ticino confermiamo la tendenza – afferma Renato Gazzola, portavoce del Touring club svizzero (Tcs) – Se ne stanno vendendo sempre più, ed è quindi più facile che si presenti un numero maggiore di incidenti, che riguardano un po’ tutte le fasce di età: dal giovane all’anziano che pensa di aver riacquisito un po’ di liberta, ma che poi si trova in difficoltà». La causa principale – prosegue Gazzola – è che sono in pochi a conoscere la potenzialità di questi mezzi. Il sentore è che ci sia maggiore sicurezza quando si è in sella a una e-bike, «ma oltre ad avere un motore, la gente deve capire che sono piu pesanti rispetto alle classiche biciclette. La potenza di frenata non è ottimale perché i freni, seppur a disco, non sono proporzionati alla forza della bicicletta stessa». Per il portavoce del Tcs, «i ciclisti dovrebbero avere un minimo di formazione per conoscere meglio il mezzo che utilizzano. Proponiamo dei corsi specifici che vanno in questa direzione, ma non vanno di certo a ruba». I prototipi disponibili sul mercato sono due: e-bike lente (assistenza alla pedalata fino a 25 km/h, da 14 anni con una licenza di tipo M e da 16 senza l’ausilio di nessuna patente) e rapide (fino a 45 km/h, da 14 anni con almeno una patente di tipo M), per le quali è imposta una targa da ciclomotore. «Per la prima categoria non è previsto nemmeno l’uso obbligatorio del casco – ricorda Gazzola –, mentre nel secondo caso è necessario l’utilizzo di un casco da ciclista: ciò si scontra con le posizioni europee». La Svizzera è dunque un’eccezione? «Sì perché tante nazioni (per esempio Francia e Germania, ndr) prima di tutto esigono la patente della moto per i modelli rapidi. Inoltre impongono l’utilizzo di un casco da motociclista. E a mio parere, una parte degli incidenti che si verificano qui da noi è dovuto al fatto che tanti ciclisti di modelli lenti non sanno come si circola e non conoscono la segnaletica, perché non hanno mai conseguito una patente. Mentre i ciclisti su e-bike rapide non sono sufficientemente protetti». C’è anche un problema di disciplina all’origine degli incidenti. «Sovente i possessori di e-bike rapide viaggiano in mezzo alla carreggiata invece di stare sulla destra». Forse perché la loro velocità crea la sensazione di essere in sella a un mezzo che non rientra nella categoria dei ciclomotori, e quindi spinge i ciclisti a non utilizzare le apposite corsie ciclabili. E oggettivamente qualcosa non quadra, dato che una e-bike rapida, alimentata da un sistema elettrico e quindi non paragonabile alle bici normali che possono sì raggiungere frequenze elevate ma senza l’ausilio di una spinta artificiale, viaggia 15 km/h in più rispetto a un motorino... «È sicuramente un aspetto che va rivisto – dice Gazzola –. I ciclomotoristi sono svantaggiati anche perché loro sì che sono obbligati a indossare un casco da motociclista. Sarebbe opportuno renderlo obbligatorio per qualsiasi tipo di bicicletta».
Mobike: dalla Cina al Ticino
Tra le numerose offerte di e-bike sharing in Ticino, c’è quella orchestrata e lanciata in Cina denominata Mobike. Si tratta di un sistema digitale che offre ai propri affiliati la possibilità di utilizzare biciclette elettriche per viaggi urbani di breve durata, consentendogli di depositare
il mezzo in un qualsiasi parcheggio per biciclette. Il conteggio della tariffa (35 centesimi per ogni 30 minuti) inizia nel momento in cui la bicicletta viene sbloccata tramite la relativa App. «Si sta espandendo un po’ ovunque, anche in Ticino – dice Gazzola –: speriamo però che non prenda la piega di tante città europee, dove la ‘libertà’ di riconsegna provoca
disordini: a Milano le bici le pescano dai Navigli, mentre in Cina si formano dei cumuli enormi perché non vengono consegnate negli appositi stalli. A Lugano capita un po’ la stessa cosa: sono intensi i recuperi serali delle e-bike sparse per la città. Soprattutto in stazione a causa dell’alto numero di studenti che le abbandona prima di prendere il treno».