Fed, nel post Yellen lotta a quattro
Inizia a delinearsi la nuova squadra della Federal Reserve sotto la presidenza di Donald Trump. Dopo la conferma del Senato statunitense per Randal Quarles, vicepresidente con delega alla vigilanza bancaria, è vicina la nomina del prossimo numero uno, che
Nomina che potrebbe essere anche l’attuale, cioè Janet Yellen, ma sono altri quattro i pretendenti alla poltrona più ambita della banca centrale americana: John Taylor, Kevin Warsh, Jerome Powell e Gary Cohn.
I ritratti dei pretendenti alla poltrona
Secondo le scommesse di PredictIt, società Usa specializzata in previsioni sui più importanti fatti dell’attualità, gli operatori di Wall Street hanno le idee chiare. Il 40% di essi ha scommesso che sarà Powell il prossimo numero uno della Fed, mentre per Taylor le possibilità sono intorno al 23%. Una rielezione della Yellen ha convinto solo il 19% degli addetti ai lavori, la stessa percentuale per Warsh. Cohn, invece, pare fuori dalla gara. Sarà quindi una lotta a quattro? Forse sì. Dalla sua, Powell ha il fatto che è uno
dei membri più influenti del board della Fed, nonché uno dei più esperti. Ed è per questa ragione che il segretario del Tesoro, Steven Mnuchin, ha consigliato a Trump di nominare lui e non altre persone. Powell è considerato un banchiere centrale non dogmatico e assai rigoroso sull’uso dell’analisi dei dati per la scelta sulla politica monetaria da adottare. Come la Yellen, quindi. Ed è una caratteristica fondamentale per la Fed: dovrà traghettarla lungo il processo di ritiro degli stimoli monetari introdotti dal 2008. Powell però deve vedersela con Taylor,
il padre della più celebre regola di politica monetaria usata dai banchieri centrali, e soprattutto Warsh, considerato uno degli enfant prodige in quota repubblicana. Nato nel 1970 ad Albany, nello Stato di New York, ha una formazione legale grazie agli studi ad Harvard, ma ben presto ha iniziato a lavorare nell’industria bancaria, in Morgan Stanley. Il più giovane membro mai eletto nel board della Fed, a 35 anni, dal 2006 al 2011, ha un vantaggio: è adorato da Trump. Ma la sua così forte vicinanza al presidente non sarebbe stata gradita a Mnuchin, né agli altri governatori
della Fed. Il timore è che Warsh possa minare l’indipendenza della banca centrale. Per ora, i tre hanno tenuto un profilo molto basso. Specie Warsh, che secondo i bene informati di Washington starebbe già ultimando il suo programma di base per quando diventerà il successore della Yellen. Nella sua cerchia sono già sicuri infatti che sarà lui a essere il prescelto. Il contesto in cui la discussione sul prossimo capo della Fed è presto chiarito. Da un lato ci sono Mnuchin, che ha una lunga esperienza nell’industria bancaria, e Wall Street. Entrambi sono consci che nei prossimi anni la Fed sarà oggetto di pressioni esogene molto forti. Non solo sul versante politico, legato quindi all’operato di Trump e della sua amministrazione, ma anche sul piano macroeconomico.
La grande sfida
La politica monetaria di tassi d’interesse prossimi allo zero ha provocato una distorsione significativa, secondo gli economisti della Fed. I tassi bassi e le maxi iniezioni di liquidità hanno mascherato il reale valore di diverse classi di asset, che ora si ritrovano con valutazioni non supportate dai fondamentali. Ed è stato questo il monito che ha lanciato Powell plurime volte negli ultimi 24 mesi. Stesso dicasi per Taylor. Dall’altro lato, tuttavia, ci sono i fedelissimi di Trump, che invece invocano una Fed più ‘politica’, che guardi di più “all’economia reale, alla creazione di posti di lavoro”, come sottolineato da Stephen Miller, consigliere politico del presidente, poche settimane fa. In quest’ottica, Warsh sarebbe il candidato ideale per la Fed. Quello che è certo è che i nuovi banchieri centrali della Fed di Trump dovranno fare i conti con un clima poco roseo. I segni della creazione di nuove turbolenze pronte a intensificarsi sono presenti e ben visibili. Lo ha ribadito il Fondo monetario internazionale. Il prossimo capo della Fed è avvisato.