E che sia ‘light’ per davvero
Il testo chiarisce meglio la questione della ‘conformità’. Più informazioni ai Comuni.
Più trasparenza, più chiarezza, più informazione tra Comuni e Cantone. E la polizia “facilitata” a svolgere il proprio compito di monitoraggio e controllo delle coltivazioni di canapa light, ossia canapa con tenore di Thc inferiore all’1%. Questo lo scopo delle modifiche al ‘Regolamento sulla coltivazione della canapa e sulla vendita al dettaglio dei suoi prodotti’, approvate ieri dal Consiglio di Stato. Nessuno stravolgimento del sistema dunque, e nessuna liberalizzazione – il governo aveva confermato già a settembre la bontà del regime autorizzativo –, ribadendo l’obiettivo di “mantenere un equilibrio tra la libertà economica da una parte e il bisogno di sicurezza dall’altra”. La libertà economica è sancita dal diritto federale, che autorizza le coltivazioni ‘light’ e la vendita. Il “bisogno di sicurezza” è invece prerogativa ticinese, come ha spiegato davanti alla stampa Norman Gobbi, direttore del Dipartimento delle istituzioni. «Per capire come mai il Ticino è l’unico cantone ad aver regolamentato la materia occorre tornare indietro a 20 anni fa, quando col pretesto dei sacchetti profumati si vendevano stupefacenti. La particolare sensibilità al tema è figlia di questo passato, non è una paura nata dal nulla: già all’epoca si dovette decidere per mettere dei vincoli a un settore che stava esplodendo ed è quanto il governo ha deciso di confermare ancora oggi». Oggi che il settore “tira”, per dirla in gergo, dopo l’entrata in vigore nel 2011 della legge federale che permette la vendita di prodotti a basso tenore di Thc e con un forte tasso di Cbd (il cannabidiolo, principio attivo dall’effetto analgesico anziché psicotico). C’è voluto giusto qualche anno per sviluppare i “semi legali”, ma ora è un fiorire di coltivazioni: da una media di un paio all’anno, nel 2017 si è già a quota 14 notifiche di coltivazione rilasciate (e altre ancora sono in fase di valutazione). Ne riferivamo nel recente articolo di martedì (vedi p. 9). Aumentano le richieste, l’interesse, e così i mugugni da parte dei Comuni e della popolazione, che si ritrovano con piantine (e relativi profumi...) che spuntano sul territorio. «Per i Comuni ritrovarsi nel proprio comprensorio una coltivazione di canapa può essere destabilizzante – commenta Elia Arrigoni, caposezione della Polizia amministrativa –. Per questo motivo abbiamo aggiornato i formulari della procedura di notifica, in modo da informare l’ente locale su dove si vuole svolgere l’attività e chi è interessato a farlo». Chiaro però che i formulari non risolvono lo scetticismo dato dall’impossibilità di stabilire a occhio se la piantagione è legale. Per questo il rivisto regolamento insiste sulla “conformità”: il nuovo articolo specifica che “la comprovata conformità può essere richiesta in ogni momento o verificata d’ufficio dalla poli- zia”. C’era sentore che i coltivatori, una volta ottenuto il via libera cantonale, sostituissero i semi legali con quelli illegali? «No, ma questo ci permette di intervenire senza avere un mandato dell’autorità di perseguimento – risponde Gobbi alla ‘Regione’ –. Non devo dunque avere il dubbio di un reato, ma posso verificare a prescindere. È un po’ come fa il Laboratorio cantonale quando analizza nelle macellerie la conformità del ‘bratwurst’. Si tratta in entrambe le situazioni di appurare che il processo di produzione, rispettivamente gli ingredienti utilizzati, siano corretti e conformi». Perché un po’ come nel caso del bratwurst, anche la canapa sia alla vista che all’olfatto è tutta uguale. «La polizia in ogni momento può quindi decidere di effettuare un prelievo in una coltivazione e inviarlo al laboratorio, per sincerarsi che il tenore di Thc sia quello dichiarato». Problemi per ora non ce ne sono in tal senso. Si tratta di mettere le mani in avanti, considerato il crescente interesse? «Esattamente». Preoccupa il governo il fatto che questa attività lucrativa stia prendendo piede? «Passare da una derrata alimentare di consumo alla coltivazione di canapa è chiaro che ha un certo impatto – risponde ancora Gobbi –. È più redditizia, ma non si può nemmeno mettere a rischio il concetto di approvvigionamento del Paese per quanto concerne la produzione agricola». «La Sezione dell’agricoltura in tal senso pone dei vincoli – precisa Arrigoni –. Non si può semplicemente cambiare da un prodotto all’altro».